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XXX Domenica del Tempo
ordinario
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,34-40)
(23.10.05)
In
quel tempo i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai
sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della
legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, qual è il più
grande comandamento nella legge? ”. Gli rispose:
“AMERAI IL SIGNORE DIO TUO con tutto il cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo
dei comandamenti. E il secondo è simile al primo:
AMERAI IL PROSSIMO TUO come te stesso. Da questi due comandamenti
dipendono tutta la Legge e i Profeti”.
COMMENTO
Il brano del vangelo odierno si
inquadra nella controversia degli avversari di Gesù, della quale ci
hanno parlato i testi del vangelo nelle scorse domeniche. Si
escogita un nuovo tentativo per comprometterlo, per metterlo alla
prova. Sono i farisei ad architettarlo, dopo un’apposita loro comune
riunione: il quesito da porgli è frutto di una strategia ben
studiata assieme. Viene inviato un dottore della legge, cioè una
persona competente nella S. Scrittura; che conosce, quindi, ciò che
la legge prescrive. L’oggetto sul quale si vuole cogliere in fallo
Gesù riguarda la questione relativa al più grande comandamento della
legge. Il tranello si comprende se si tiene in conto che il problema
dell’esatta determinazione del “più grande comandamento nella legge”
costituiva una preoccupazione dell’antica tradizione giudaica.
Questa aveva fissato 613 precetti, dei quali 365 negativi e 248
positivi, i quali non erano posti sullo stesso livello. Tra tanti
precetti si voleva trovare un principio unificatore delle varie
prescrizioni di Dio.
In tale contesto si inserisce il tranello dei farisei. Si vuole
conoscere il suo pensiero su questo scottante problema. Gesù dà una
risposta nuova, originale. La novità non consiste nell’individuare
il principio unificatore di tutti i precetti nell’amore verso Dio.
Questo infatti costituiva il nucleo essenziale del credo biblico;
ciò era riconosciuto da tutti. Ogni ebreo due volte al giorno
proclamava che il Signore è uno solo e che occorre amarlo con tutto
il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente (cf Dt 6,4-5). La
novità consiste nel fatto che Gesù stabilisce una relazione di
somiglianza tra l’amore verso il prossimo – già segnalato nel
Levitico ( Lv 19,18) – e quello verso Dio. Egli mantiene la scala
dei valori: vi è il primo comandamento che è il più grande di tutti
ed è quello che prescrive l’amore verso Dio.
Vi
è un secondo comandamento che prescrive l’amore verso il prossimo,
anche verso il proprio nemico (cf. Mt 5,43-48). Gesù assimila
l’amore verso il prossimo al primo e massimo comandamento in quanto
lo colloca nella stessa categoria di principio unificatore
fondamentale. Questi due comandamenti sono uniti tra di loro proprio
in questa loro funzione di principio unificante di tutti i precetti.
Su essi poggia l’intera rivelazione biblica: la legge ed i profeti.
La volontà di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti, ha la sua
più alta espressione nell’amore verso Dio e nell’amore verso il
prossimo. In altre parole, i due comandamenti uniti tra di loro
costituiscono il criterio fondamentale per interpretare la volontà
di Dio.
Gesù, nel dare la risposta ai farisei, non soltanto mette in guardia
contro il formalismo farisaico, ma determina i due principi
fondamentali per interpretare ed attuare la volontà di Dio.
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RIFLESSIONE |
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esù
stabilisce la somiglianza tra l’amore di Dio e l’amore del
prossimo perché non si può amare Dio se non si ama quello che
Egli ama. Ora l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza
Dio ( cf.Gen 1,26-27). Dio si è compiaciuto di lui (cf. Gen
1,31). Con l’Incarnazione, poi, l’immagine di Dio impressa nel
volto, nel cuore dell’uomo si è più approfondita. Addirittura
Gesù si identifica con l’uomo nella sua condizione più umile e
bisognosa. Pertanto amando l’uomo si ama Dio. In merito S.
Giovanni ci ammonisce: “Se uno dicesse: Io amo Dio, e odiasse il
suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio
fratello che vede, non può amare Dio che n on vede. Questo è il
comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo
fratello” ( 1 Gv 4,20-21). Amare il proprio fratello, particolarmente se nemico, è
difficile, alle volte ci appare impossibile. Lo possiamo, se
diventiamo sempre più consapevoli che i due comandamenti sono
intimamente relazionati. Più amiamo Dio in modo autentico, cioè
con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, più
il nostro animo si dilata all’amore verso il prossimo. Si crea
progressivamente dentro di noi quell’apertura di sentimenti, di
disponibilità che fa superare ogni riserva, ogni chiusura nei
riguardi del prossimo. A ciò si deve aggiungere che per il
cristiano l’amore verso il prossimo non è filantropia. Esso ha
la sua sorgente in Dio stesso; è l’opera di Dio in noi. Possiamo
essere benevoli, misericordiosi come il Padre celeste (Lc 6,36), proprio
perché il Signore ce lo insegna (1Ts 4,9), proprio perché lo
Spirito effonde l’amore di Dio nei nostri cuori (cf Rm 5,5). L’amore
disinteressato, misericordioso verso il prossimo è frutto dello
Spirito Santo (Gal 5,22-23). Esso si alimenta con l’Eucaristia.
Unendoci a Cristo Eucaristia ci uniamo gli uni con gli altri.
Sono eloquenti le parole che S. Paolo rivolge ai cristiani di
Tessalonica: “voi stessi… avete imparato da Dio ad amarvi gli
uni gli altri” ( 1 Ts 4,9). Occorre giorno per giorno imparare
da Dio ad amarci come Egli vuole. |
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