
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava
la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: “Dove vuoi che andiamo a
preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Allora mandò due dei
suoi discepoli dicendo loro: “Andate in città e vi verrà incontro un
uomo con una brocca d’acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al
padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi
possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al
piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là
preparate per noi”.
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto
loro e prepararono per la Pasqua.
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo
spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”.
Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato
per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della
vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo del regno di Dio”.
E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
COMMENTO
Era vicina la Pasqua dei giudei; i discepoli
invitano Gesù a celebrarla secondo la prescrizione; si mettono in
movimento per prepararla. La Pasqua ebraica era la commemorazione
del gesto della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù
dell’Egitto. Si festeggiava la partenza dall’Egitto, la libertà
conseguita ( cf Es 12,1ss). La Pasqua doveva essere immolata
(l’agnello pasquale immolato) e dopo mangiata.
Nella cornice di tale celebrazione Gesù istituisce la nuova Pasqua.
Egli compie dei gesti e pronuncia delle parole del tutto nuovi. I
gesti sono carichi di significato. Il pane è spezzato e dato a
mangiare; il vino è distribuito e bevuto. Sono gesti che tramite le
parole sono collegati alla prossima morte di Gesù in croce; fanno
esplicito riferimento al venerdì santo, al giorno in cui Gesù si
offre in sacrificio per la redenzione degli uomini. Ciò che Gesù
porge ai suoi discepoli perché se ne nutrano è lo stesso corpo che
sarà dato in sacrificio sulla croce; ciò che Gesù offre per essere
bevuto è il suo sangue versato sulla croce. Egli è la nuova Pasqua.
La formula: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza”
richiama l’alleanza sul Sinai. Nel libro dell’Esodo leggiamo: “Mose
prese il sangue, ne asperse il popolo dicendo: ecco il sangue
dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi” (Es 24,8).Nell’Antico
Testamento l’alleanza è il gesto con cui Dio libera il suo popolo e
si dona ad esso come alleato; si fa solidale con esso. Gesù realizza
la nuova alleanza e la sigilla con il suo sangue versato sulla
croce. Ai sacrifici di animali si sostituisce il sacrificio nuovo di
Cristo, il cui sangue effettua efficacemente l’unione definitiva tra
Dio e gli uomini. Tramite il sangue della nuova alleanza i peccati
sono tolti (cf Rm 11,27); Dio abita in mezzo agli uomini (cf 2 Cor
6,16), cambia il cuore dell’uomo ed in esso pone il suo Spirito (cf
Rm 5,5; 8,4-16). E’ l’alleanza che porta con sé la libertà dei figli
di Dio (Gal 4,6,24-26).
Gesù dopo l’istituzione dell’eucaristia pronuncia le parole: “Non
berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo
nel regno di Dio”. Esse fanno riferimento ad un altro banchetto del
quale quello eucaristico è un anticipo. Gesù si distaccherà dai suoi
discepoli; la risurrezione lo introdurrà nel regno del Padre, dove
celebrerà per sempre il banchetto definitivo: in esso ci sarà la
comunione definitiva con Dio. Verso questo banchetto noi tutti
camminiamo. RIFLESSIONE
La celebrazione della solennità del Corpo e del sangue
di Gesù richiama diverse riflessioni. Ci limitiamo a proporne alcune
alla luce dell’odierno brano evangelico di Marco.
non è solo presenza di Gesù; essa è principalmente sacrificio; è lo
stesso sacrificio che Gesù consumò sulla croce. Il mistero di morte
di Gesù, come offerta sacrificale, come dono di vita si attualizza
nell’eucaristia. Questa continua nella storia il sacrificio di
Cristo offerto per tutti gli uomini. In tale visuale dobbiamo
riscoprire e ravvivare costantemente la gioia della partecipazione
attiva alla S. Messa. Spesso le nostre Messe mancano del dovuto
stupore, proprio perché non ci rendiamo conto del mistero che viene
celebrato, del dono che ci viene fatto e della gratitudine con la
quale dobbiamo accoglierlo.
è il mistero della più intima comunione con Gesù.
Unendoci a Lui, nutrendoci di Lui siamo progressivamente
trasformati, santificati. Da qui la necessita di accostarci
frequentemente alla S. Comunione. Ma dobbiamo farlo senza
banalizzare il grandissimo dono di Gesù. Dobbiamo partecipare
all’eucaristia con la massima dignità. Ricordiamo il richiamo di S.
Paolo ai cristiani di Corinto: “Chi mangia e beve senza riconoscere
il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” ( 1 Cor
11,29). La comunione con Cristo ci unisce nella comunione con i
nostri fratelli.
all’Eucaristia è pregustazione del banchetto
definitivo con Gesù e in lui con il Padre. Il dono dell’eucaristia
tende alla sua pienezza, alla Pasqua eterna.
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