11.2.07

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VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 
Dal Vangelo secondo Luca (6,17.20-26)

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante.
C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidóne.
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:

 

 
 
 

La Liturgia propone alla nostra attenzione le beatitudini proclamate da Gesù, quali ci vengono proposte dal Vangelo di Luca. L’evangelista colloca il loro annunzio in un luogo pianeggiante, al contrario di Matteo che lo situa sul monte (cf. Mt 5,3-12). Gli esegeti pertanto parlano del “discorso della pianura”. A Luca interessa mettere in risalto che Gesù pronuncia il discorso dopo essere disceso dalla montagna, dove ha pregato, e che con i dodici apostoli si dirige verso la folla. Il quadro introduttivo è solenne. Gesù pronuncia il suo discorso circondato dai discepoli e dalla folla: una gran moltitudine di gente proveniente da tutta la Giudea, da Gerusalemme, proveniente persino dalle contrade pagane: Tiro e Sidóne.
Per comprendere il discorso di Gesù dobbiamo precisare che le beatitudini sono un genere letterario, molto comune nella Bibbia, per esprimere sia la gioia futura, sia il rendimento di grazie per una gioia già presente, sia la promessa di una ricompensa. Le beatitudini pertanto annunciano sempre una gioia accordata da Dio ai suoi fedeli.
Luca elenca soltanto quattro beatitudini, mentre Matteo ne elenca otto. A queste quattro beatitudini fanno da contrasto quattro “guai” o maledizioni, che danno al discorso di Gesù una connotazione radicale. In Luca, poi, il tono è più personale e coinvolgente di quello di Matteo ( Beati voi…Guai a voi).
Le beatitudini in Luca riguardano i poveri, i piangenti, gli affamati, i perseguitati; si rivolgono a coloro che umanamente si trovano in condizioni di disagio, di sofferenza. I profeti avevano descritto il tempo messianico come il tempo in cui Dio si sarebbe preso cura dei poveri, degli affamati, dei perseguitati. Gesù proclama che questo tempo è arrivato.
Le beatitudini proclamano un fatto paradossale, profondamente rivoluzionario. Dio ha deciso di mettersi dalla parte di coloro ai quali nessuno guarda, al fine di capovolgere la loro sorte di sofferenza in un destino di gioia. Da questa decisione emerge un giudizio severo verso coloro che vivono chiusi in sé stessi, preoccupati soltanto del loro interesse, del loro benessere. Il primo “guai” si rivolge ai ricchi, non perché i beni terreni siano in sé cattivi, ma perché per loro le ricchezze diventano l’unico tesoro, impedendo di tendere al Regno dei cieli, di diventare discepoli di Gesù, i quali hanno come primo comandamento quello di amarsi reciprocamente.
Nel mondo a causa del peccato esiste la contraddizione tra i poveri che muoiono di fame, i popoli umiliati da ingiustizie e i ricchi, i saziati, i potenti e prepotenti che opprimono i deboli. Con Gesù il Regno di Dio è penetrato nella storia e vi agisce e mette sotto accusa chi fa ingiustizia, chi si arricchisce alle spalle degli altri, chi opprime, chi semina violenza.

Il destino dell’uomo e della società è segnato dalla giustizia superiore di Dio che si prende a cuore la sorte dei poveri, degli affamati, dei piangenti, dei perseguitati e capovolge la loro situazione di vita. Ricordiamo in merito la contrapposizione tra il ricco Epulone e il povero Lazzaro: "Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti"(cfr. Lc 16,19-31)

 
 


O Dio che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell’egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell’umanità rinnovata nel tuo amore.
Per il nostro Signore…