
Soltanto l’evangelista Luca ci riporta la
parabola del buon samaritano e ce la presenta come
illustrazione di Gesù circa il comandamento dell’amore. Gesù
la propone ad un uomo competente nella S. Scrittura: si
tratta di un dottore della legge. In verità questi gli si
avvicina per metterlo in imbarazzo. Allo scopo lo interroga
su una questione fondamentale: "Maestro, che debbo fare per ottenere la vita
eterna?". Anche altri avevano
rivolto a Gesù lo stesso interrogativo; ricordiamo il
giovane ricco. Ma nel cuore di quel dottore non c’è lealtà.
Gesù lo sa, ma lo prende sul serio. Alla sua domanda
risponde con un’altra domanda, per mezzo della quale lo
rinvia alla legge dell’Antico Testamento. Così lo mette alla
prova costringendolo a rispondere.
Il dottore della legge risponde
richiamando i due comandamenti concernenti l’amore di Dio e
del prossimo: comandamenti che sono presenti nella Legge, ma
in un modo separato (cf Dt 6,5; Lv 19,18). Nella sua
risposta egli li unisce affermando:
Amerai
il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il
prossimo tuo come te stesso.
Nei vangeli di Matteo (22,35-40) e di
Marco (12,28-34) è Gesù a metterli insieme. Luca ci
riferisce che è il dottore della legge ad unirli. Ciò non
sorprende se si tiene conto che nella migliore tradizione
giudaica i due comandamenti venivano presentati uniti.
Gesù dà ragione al dottore della legge:
"Hai
risposto bene; fà questo e vivrai".
Ma questi, volendo giustificarsi, far
capire che la questione non è semplice, pone una nuova
domanda : "Chi
è il mio prossimo?"; chiede un
concetto chiaro del prossimo.
Nell’Antico Testamento prossimo era il
connazionale, membro della comunità israelitica (cf Lv
19,33-34). Al tempo di Gesù il termine tendeva ad assumere
un significato più restrittivo; come prossimo si intendevano
coloro che appartenevano al medesimo gruppo religioso o
politico ( farisei, esseni, zelati, erodiani, ecc.).
Gesù non offre al dottore della legge una
definizione del prossimo, ma con la parabola del buon
samaritano indica come deve essere inteso l’amore verso il
prossimo. Egli lo fa descrivendo lo strano atteggiamento di
tre personaggi nei riguardi di un uomo sconosciuto trovato
ferito nella strada pericolosa che scende da Gerusalemme
verso Gerico; zona deserta dove facilmente ci si imbatteva
in predoni, briganti. L’attenzione di Gesù è volta a
delineare i tre personaggi.
Chi si ferma davanti al ferito e gli
presta aiuto non è un sacerdote, un levita. Essi in forza
della loro funzione cultuale erano i più idonei a compiere
un gesto di carità verso il prossimo. Invece passarono
oltre. Chi si ferma è un samaritano, cioè uno disprezzato
dai giudei, ritenuto un miscredente. Egli proprio perché
malvisto dai giudei aveva interesse a non immischiarsi in un
fatto banditesco. Invece si ferma, si china sul ferito, gli
presta i primi soccorsi, mette a disposizione il suo tempo e
il suo denaro, si impegna anche per il futuro:lo affida ad
un locandiere invitandolo a continuare la sua opera di
carità.
Dopo questa descrizione Gesù interroga il
dottore della legge: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui
che è incappato nei briganti?”.
Con questa domanda Gesù sposta l’oggetto
della discussione. Dal prossimo come oggetto da amare al
prossimo come soggetto che ama. In altri termini, dalla
domanda del dottore della legge «Chi è il mio prossimo?»
Gesù passa ad un altro tipo di contro domanda “Chi di
questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è
incappato nei briganti?”. Gesù così sottolinea che
l’importante non è soltanto scoprire chi è il nostro
prossimo bisognoso, ma dimostrarsi prossimo; altrimenti si
corre il rischio che il prossimo, anche se ci è vicino
fisicamente, ci sarà un estraneo, non sapremo vederlo. E’
questo il vero problema. Il dottore della legge che aveva
posto un interrogativo teologico a Gesù per metterlo in
imbarazzo è invitato a convertire se stesso.
In questa Domenica Gesù ci presenta il
buon samaritano come esempio di carità perché ognuno di noi
impari a seguire le sue orme. Invita anche noi, come fece
con il dottore della legge, a convertirci. Anche a noi
rivolge le parole:
"Va e anche tu fa lo stesso!".
Ma siamo invitati allo stesso tempo a
vedere la parabola del buon samaritano in una prospettiva
cristologica: il buon samaritano per eccellenza è Gesu
stesso, che si china sulle sofferenze e miserie dell’uomo.