dal Vangelo secondo Matteo (18,15-20)

«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e
ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il
tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due
persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre
testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se
non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il
pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà
legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà
sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno
d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli
gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome,
lì sono io in mezzo a loro».
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Nel brano del Vangelo odierno Gesù ci parla della correzione
fraterna in seno alla comunità ecclesiale. Il cristiano può
peccare. Il peccato è sempre presente nella Chiesa, perché essa
è formata da uomini e da donne che hanno limiti e debolezze. Il
peccato mette in pericolo la coesione interna della Chiesa, la
sua santità. La comunità ecclesiale non può restare indifferente
nei confronti del fratello che pecca; è chiamata ad impegnarsi a
condurlo sulla retta strada. Per guadagnarlo si danno tre modi
di agire, che costituiscono la cosiddetta “regola disciplinare”.
Si discute tra gli esegeti se essa assuma un carattere giuridico
- disciplinare sotto forma di un vero processo, o piuttosto
quello di un procedimento di ordine pastorale, che mira -
tramite uno stile di dialogo fraterno - a ricuperare il fratello
peccatore. Questa seconda interpretazione risponde meglio alla
visuale che Matteo ha della Chiesa: essa è la comunità mista,
dove coesistono buoni e cattivi; solo alla fine sarà fatta la
separazione tra loro ( cf. Mt 13,37-41; 13, 48-49).
Vanno messi in risalto i tre tentativi volti a correggere il
peccatore; ciò al fine di comprendere meglio la natura e la
finalità della correzione fraterna.
Il primo tentativo consiste in un’ammonizione individuale; vuole
far sentire al fratello peccatore la solidarietà sofferta degli
altri fratelli; mira a riacquistarlo in seno alla comunità. Non
si tratta di umiliarlo, ma di conquistarlo all’affetto della
comunità. Il secondo prevede la presenza di una o due persone,
“perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre
testimoni” (v.16). Si tratta di una procedura già presente nella
legge mosaica (cf. Dt 19,15) per i dibattimenti giudiziari.
Però, qui, nella chiamata dei testimoni è da vedersi un
tentativo ampliato di pacificazione con la comunità. Qualora
questa seconda istanza risultasse inefficace, il caso è
sottoposto all’assemblea, cioè alla comunità ecclesiale. Il
fallimento di questo ultimo tentativo comporta che il fratello
peccatore è da ritenersi “un pagano e un pubblicano”.
I pagani erano considerati degli estranei alla comunità
ecclesiale.
La decisione presa dall’assemblea nei confronti del peccatore è
la notificazione della situazione venutasi a creare a seguito
della rottura della fraternità da parte del peccatore: egli si
separa dalla comunità.
La frase “tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato
anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra
sarà sciolto anche in cielo” vuole giustificare il potere che ha
la comunità di dare un giudizio di appartenenza o di distacco
dalla vita di grazia della comunità. Queste parole che furono
rivolte precedentemente a Pietro (cf. Mt 16,19) non significano
che il potere dato a Pietro viene meno. Quello conferito alla
comunità ecclesiale nei riguardi del fratello peccatore è da
vedersi in sintonia con il potere di Pietro. Questi è la
“pietra” su cui poggia la Chiesa.
Nel brano evangelico odierno si coglie una Chiesa vista come una
comunità di fede e di amore; come comunione fraterna, in cui
ognuno dei suoi membri è corresponsabile del bene di tutti; una
Chiesa in cui Cristo è presente. In merito sono dense di
contenuto teologico - spirituale le parole di Gesù: “…dove sono
due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (v.
20). La comunità è disgregata dal peccato. Unita, invece, nel
nome di Cristo, nell’amore reciproco, nella preghiera comune,
diventa onnipotente presso Dio. Due o tre è il numero più
piccolo per costituire una comunità. Gesù non pensa in termini
trionfalistici. Quello che importa è essere riuniti nel “nome di
Cristo”. Allora “qualunque cosa domanderete al Padre mio che è
nei cieli ve la concederà”
La correzione fraterna è espressione della nostra
solidarietà e corresponsabilità nei confronti dei
fratelli. Il peccato del nostro fratello deve essere
sentito come proprio: sfigura il volto della stessa
Chiesa e non la rende attraente dinnanzi a coloro che
vivono fuori di essa.
La correzione è, quindi, indispensabile per il bene del
fratello e della comunità ecclesiale. Di grande
importanza è l’atteggiamento con cui essa deve essere
fatta: non deve tendere ad umiliare, ma a portare il
proprio fratello a ravvedersi ed a reinserirlo nella
comunità ecclesiale. L’atteggiamento necessario è quello
dell’amore. Soltanto così essa potrà essere efficace.
A proposito della correzione fraterna vanno ricordate le
eloquenti parole di S. Giacomo: “Fratelli miei, se uno
di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo
riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore
dalla sua via di errore,salverà la sua vita dalla morte
e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5,19-20). S.
Paolo nella lettera ai Romani ci indica il modo per
superare ogni possibile conflitto: “Non abbiate alcun
debito con nessuno, se non quello dell’amore
vicendevole: perché chi ama il suo prossimo ha adempiuto
la legge” (Rm 13,8).
Ma non si può parlare di correzione fraterna senza
evidenziare anche l’importanza dell’atteggiamento di
umiltà che occorre avere nel riceverla. E’ indicativa al
riguardo l’esortazione data da S. Francesco d’Assisi:
Beato il servo che è disposto a sopportare così
pazientemente da un altro la correzione, l’accusa e il
rimprovero, come se li facesse da se. Beato il servo
che, rimproverato, di buon animo accetta, si sottomette
con modestia, umilmente confessa e volentieri ripara.
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O Padre, che ascolti quanti si accordano
nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio,
donaci un cuore e uno spirito nuovo,
perché ci rendiamo sensibili
alla sorte di ogni fratello
secondo il comandamento dell’amore,
compendio di tutta la legge.
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