10 ottobre

dal Vangelo secondo Luca (17,11-19)

 


Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”.
E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo.
Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”.


 

 
 
   
 

L’evangelista nel descriverci il miracolo della guarigione dei dieci lebbrosi, richiama ancora una volta il fatto che Gesù è in viaggio verso Gerusalemme. Il senso esatto della via percorsa da Gesù non appare del tutto chiaro. Sembra quasi che Egli invece di andare verso il sud, verso Gerusalemme, vada dalla Samaria verso il nord, la Galilea. Ma questo modo di esprimersi è proprio di Luca e mostra il suo intento di mettere in risalto la presenza del samaritano tra i lebbrosi giudei. Dato l’odio esistente tra giudei e samaritani era impossibile che essi stessero assieme. Però la comune miseria che li faceva stare lontano dalla società, fa pensare che i lebbrosi giudei abbiano superato l’odio reciproco ed abbiano accolto tra loro il samaritano che proveniva dalla regione limitrofa. A Luca preme mettere l’accento sul luogo dove si mescolavano giudei e pagani e sul comportamento del lebbroso samaritano rispetto a quello dei lebbrosi giudei.
Secondo la Legge i lebbrosi dovevano stare fuori dell’abitato e segnalare la loro presenza agli abitanti con un particolare comportamento, (vesti strappate, capo scoperto, barba coperta), e con le proprie grida (cf.Lv 13,45-46). Il libro del Levitico descrive l’impurità che essa rappresenta e prescrive le disposizioni per la purificazione (cf.Lv 13-14). La lebbra è considerata anche come un segno della punizione divina (cf. Nm 12,9-10,2 Re, 5,279). La purificazione da essa è opera della potenza divina. Pertanto la guarigione dei lebbrosi costituisce un annunzio dell’avvento del Messia.
In merito si confronti quanto preannuncia il profeta Isaia (Is 35,3s. 61,1), quanto proclama Giovanni Battista (Lc 7,22) e ciò che Gesù stesso afferma di sé nella sinagoga di Nazaret (cf 4,27), mettendo in evidenza che la buona novella salvifica che Egli porta è destinata a tutti. (cf Lc 3,6). Il lebbroso Naaman, al quale Egli fa riferimento, è uno straniero. Nella prospettiva di questo contesto sono da vedere il miracolo della guarigione dei dieci lebbrosi e la tensione tra il comportamento dei nove lebbrosi giudei e quello del samaritano, straniero.
Nella descrizione del miracolo viene evidenziato che tutti e dieci i lebbrosi hanno dimostrato di avere fede in Gesù, nella sua capacità taumaturgica: essi infatti obbediscono al suo comando di presentarsi ai sacerdoti perché costatino la guarigione. La prescrizione di presentarsi ai sacerdoti per la verifica della guarigione dalla lebbra è fondata su Lv 14,2-9. Tutti e dieci sono guariti prima ancora di arrivare dai sacerdoti. Tutti e dieci sono stati amati da Gesù. Soltanto uno, però, il samaritano, lo straniero, appena si accorge di essere stato guarito torna immediatamente da Gesù per esprimere la sua gratitudine. Si gettò ai suoi piedi per ringraziarlo. Gesù gli dice“Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”.
La fede del quale Gesù fa l’elogio non consiste solamente nel fatto che il samaritano abbia riconosciuto il suo comando di andare dai sacerdoti come segno di miracolo. Sotto questo aspetto anche gli altri nove giudei hanno manifestato fede in Gesù. La fede elogiata consiste nel fatto che il samaritano, lo straniero, sia l’unico a tornare indietro, lodando Dio a grande voce, ed a gettarsi ai piedi di Gesù per ringraziarlo. In questo ritorno ed incontro si crea una relazione tra il samaritano e Gesù; l’intera sua persona entra in rapporto con Lui. La guarigione fisica è trasformata in salvezza. Il samaritano è salvato nel senso pieno della parola, perché ha saputo riconoscere nella sua guarigione il segno della presenza di Dio in Gesù, il segno che il regno di Dio gli si è fatto incontro in Gesù. La sua è una fede che riconosce l’identità di Gesù; è la fede di un pagano, la quale, invano si sarebbe trovata in Israele (Lc 7,9). Il samaritano ha compreso che la salvezza è dono gratuito, davanti al quale deve nascere la gratitudine.
Il miracolo, cosi, diventa come manifestazione dell’irruzione dell’amore gratuito di Dio verso tutti, senza alcuna distinzione. Il samaritano è testimonianza vivente della salvezza offerta a tutti.
I nove lebbrosi giudei, anche se guariti fisicamente, non hanno riconosciuto la persona di Gesù. Essi rappresentano il generale atteggiamento dei farisei nei riguardi di Gesù e della sua missione. Vedono i miracoli ma non sanno riconoscere l’identità della persona che li compie. Il commento di Gesù è molto amaro: Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?

Il significato principale del miracolo è che la salvezza portata da Gesù è dono gratuito divino per tutti, e che essa può essere anche rifiutata. La domanda di Gesù: E gli altri nove dove sono? è un avvertimento significativo ed interpella tutti, al di là dei dieci lebbrosi. Possiamo anche noi ascoltare le parole di Gesù, riconoscere i suoi miracoli; ma restare indifferenti. La caratteristica del vero cristiano è quella di colui che riconosce i segni dei miracoli operati da Gesù, ascolta la sua parola e la mette in pratica (cf.Lc 8,20-21).
 

 

O Dio, fonte della vita temporale ed eterna,
fa' che nessuno di noi ti cerchi solo
per la salute del corpo:
ogni fratello torni a renderti gloria
per il dono della fede,
e la Chiesa intera sia testimone
della salvezza che tu operi
continuamente in Cristo tuo Figlio.
Egli è Dio e vive…