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L’evangelista
nel descriverci il miracolo della guarigione dei dieci lebbrosi,
richiama ancora una volta il fatto che Gesù è in viaggio verso
Gerusalemme. Il senso esatto della via percorsa da Gesù non
appare del tutto chiaro. Sembra quasi che Egli invece di andare
verso il sud, verso Gerusalemme, vada dalla Samaria verso il
nord, la Galilea. Ma questo modo di esprimersi è proprio di Luca
e mostra il suo intento di mettere in risalto la presenza del
samaritano tra i lebbrosi giudei. Dato l’odio esistente tra
giudei e samaritani era impossibile che essi stessero assieme.
Però la comune miseria che li faceva stare lontano dalla
società, fa pensare che i lebbrosi giudei abbiano superato
l’odio reciproco ed abbiano accolto tra loro il samaritano che
proveniva dalla regione limitrofa. A Luca preme mettere
l’accento sul luogo dove si mescolavano giudei e pagani e sul
comportamento del lebbroso samaritano rispetto a quello dei
lebbrosi giudei.
Secondo la Legge i lebbrosi dovevano stare fuori dell’abitato e
segnalare la loro presenza agli abitanti con un particolare
comportamento, (vesti strappate, capo scoperto, barba coperta),
e con le proprie grida (cf.Lv 13,45-46). Il libro del Levitico
descrive l’impurità che essa rappresenta e prescrive le
disposizioni per la purificazione (cf.Lv 13-14). La lebbra è
considerata anche come un segno della punizione divina (cf. Nm
12,9-10,2 Re, 5,279). La purificazione da essa è opera della
potenza divina. Pertanto la guarigione dei lebbrosi costituisce
un annunzio dell’avvento del Messia.
In merito si confronti quanto preannuncia il profeta Isaia (Is
35,3s. 61,1), quanto proclama Giovanni Battista (Lc 7,22) e ciò
che Gesù stesso afferma di sé nella sinagoga di Nazaret (cf
4,27), mettendo in evidenza che la buona novella salvifica che
Egli porta è destinata a tutti. (cf Lc 3,6). Il lebbroso Naaman,
al quale Egli fa riferimento, è uno straniero. Nella prospettiva
di questo contesto sono da vedere il miracolo della guarigione
dei dieci lebbrosi e la tensione tra il comportamento dei nove
lebbrosi giudei e quello del samaritano, straniero.
Nella descrizione del miracolo viene evidenziato che tutti e
dieci i lebbrosi hanno dimostrato di avere fede in Gesù, nella
sua capacità taumaturgica: essi infatti obbediscono al suo
comando di presentarsi ai sacerdoti perché costatino la
guarigione. La prescrizione di presentarsi ai sacerdoti per la
verifica della guarigione dalla lebbra è fondata su Lv 14,2-9.
Tutti e dieci sono guariti prima ancora di arrivare dai
sacerdoti. Tutti e dieci sono stati amati da Gesù. Soltanto uno,
però, il samaritano, lo straniero, appena si accorge di essere
stato guarito torna immediatamente da Gesù per esprimere la sua
gratitudine. Si gettò ai suoi piedi per
ringraziarlo. Gesù gli dice“Alzati
e va’; la tua fede ti ha salvato!”.
La fede del quale Gesù fa l’elogio non consiste solamente nel
fatto che il samaritano abbia riconosciuto il suo comando di
andare dai sacerdoti come segno di miracolo. Sotto questo
aspetto anche gli altri nove giudei hanno manifestato fede in
Gesù. La fede elogiata consiste nel fatto che il samaritano, lo
straniero, sia l’unico a tornare indietro, lodando Dio a grande
voce, ed a gettarsi ai piedi di Gesù per ringraziarlo. In questo
ritorno ed incontro si crea una relazione tra il samaritano e
Gesù; l’intera sua persona entra in rapporto con Lui. La
guarigione fisica è trasformata in salvezza. Il samaritano è
salvato nel senso pieno della parola, perché ha saputo
riconoscere nella sua guarigione il segno della presenza di Dio
in Gesù, il segno che il regno di Dio gli si è fatto incontro in
Gesù. La sua è una fede che riconosce l’identità di Gesù; è la
fede di un pagano, la quale, invano si sarebbe trovata in
Israele (Lc 7,9). Il samaritano ha compreso che la salvezza è
dono gratuito, davanti al quale deve nascere la gratitudine.
Il miracolo, cosi, diventa come manifestazione dell’irruzione
dell’amore gratuito di Dio verso tutti, senza alcuna
distinzione. Il samaritano è testimonianza vivente della
salvezza offerta a tutti.
I nove lebbrosi giudei, anche se guariti fisicamente, non hanno
riconosciuto la persona di Gesù. Essi rappresentano il generale
atteggiamento dei farisei nei riguardi di Gesù e della sua
missione. Vedono i miracoli ma non sanno riconoscere l’identità
della persona che li compie. Il commento di Gesù è molto amaro:
Non si è trovato chi tornasse
a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?
Il significato principale del miracolo
è che la salvezza portata da Gesù è dono gratuito divino per
tutti, e che essa può essere anche rifiutata. La domanda di
Gesù: E gli altri nove dove sono?
è un avvertimento significativo ed interpella tutti, al di là
dei dieci lebbrosi. Possiamo anche noi ascoltare le parole di
Gesù, riconoscere i suoi miracoli; ma restare indifferenti. La
caratteristica del vero cristiano è quella di colui che
riconosce i segni dei miracoli operati da Gesù, ascolta la sua
parola e la mette in pratica (cf.Lc 8,20-21).
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