Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di
buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata
ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro
discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il
Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto”. Uscì allora
Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di
Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi vide le bende per
terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed
entrò nel sepolcro e vide le bende per terra e il sudario, che gli era
stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo
a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo
al sepolcro, e vide e credette. Non avevano ancora compreso la
Scrittura, che cioè egli doveva risuscitare dai morti. |
La morte di Gesù in croce, la sua
sepoltura, il sepolcro sigillato costituiscono per i discepoli il
fallimento delle loro attese. Ma l’affetto per il Maestro non è spento.
Maria Maddalena va al sepolcro di buona ora.
Trova la tomba aperta, la pietra rimossa. Pensa subito che il corpo di
Gesù è stato rapito dai suoi avversari. Sgomenta, fugge per andare ad
avvertire Pietro e Giovanni, il discepolo prediletto. Il suo messaggio è
drammatico: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo
dove lo hanno posto”. I due corrono al sepolcro e costatano che la tomba
è vuota, ma che tutto è in ordine; i teli di lino sono per terra, il
sudario piegato in disparte. L’Evangelista annota che il discepolo
prediletto “ vide e credette”. Vide con i suoi occhi l’ordine meticoloso
presente nel sepolcro; comprese che esso escludeva l’ipotesi di un
rapimento del corpo di Gesù, come aveva pensato Maria Maddalena.
La scena della corsa dei due apostoli verso il sepolcro, la precedenza
nell’entrarvi non va interpretata come rivalità. (Nel Vangelo essi sono
presentati come amici:cf. Gv 13,23-25; 21,15-17). L’Evangelista quindi
non intende svilire Pietro, ma piuttosto esaltare la posizione del
discepolo prediletto. Questi, che era stato maggiormente legato a Gesù
nell’amore, fu più svelto a correre ed il primo a credere nella
risurrezione. Il primato dell’amore del discepolo prediletto non esclude
un altro tipo di primato in Pietro.
Per arrivare a credere nella risurrezione di Gesù Pietro e Giovanni
hanno avuto bisogno di vedere il sepolcro vuoto. Gesù aveva predetto
varie volte agli apostoli la sua risurrezione secondo la Scrittura (cf
Gv 2,20-22; Mt 16,21;17,9,22-23; 20,19; 26,32; Lc 18,31-34). Le parole
del Maestro non furono comprese finché esse non furono confermate dai
fatti (cf Gv 2,22). |
1. L’apostolo prediletto e Pietro nel
vedere la tomba vuota compresero la Scrittura, compresero cioè che Gesù
doveva risuscitare dai morti. Già S. Paolo, scrivendo prima
dell’Evangelista Giovanni, sottolinea: “Cristo morì per i nostri peccati
secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno
secondo le Scritture” (1 Cor 15,1-4)
L’espressione “secondo le Scritture” indica che il mistero dell’amore
salvifico di Dio, e pertanto anche il mistero dell’uomo, ha come punto
culminante, centrale la passione e la risurrezione di Cristo. Tutto,
l’intera creazione, è proteso verso questo evento. Gesù risorgendo ha
sconfitto la morte ed il peccato che la ha causato: la morte è il
salario del peccato (Rm 6,23). Con la risurrezione di Cristo comincia la
storia dell’uomo liberato dal peccato, rinnovato; ha inizio la storia
dell’uomo nuovo. La Pasqua è la festa dei risorti, cioè di coloro che,
partecipando al mistero di morte e risurrezione di Cristo, vivono la
vita in “novità”. Celebrare la Pasqua non vuole dire revocare un grande
evento del passato, ma celebrare il mistero divino di amore, di
salvezza, presente,operante nell’oggi, nella storia e nel cuore dei
credenti. Pasqua è la festa delle feste proprio perché è il dono di
poter vivere da risorti, cioè da vittoriosi del peccato e della morte.
2. Cristo Risorto è garanzia della nostra risurrezione.: “Se non vi è
risurrezione dai morti, neanche Cristo è risorto” ( 1 Cor 15,13). Egli è
la “primizia” dei risorti. E’ morto per noi, è risorto per noi. Nel
mistero della sua morte e risurrezione si trovano la radice e la fonte
del credere non soltanto nella sua risurrezione, ma anche nella nostra.
Cristo ha vinto la sua morte, ma anche la nostra morte. “ Dove è, o
morte, la tua vittoria?” La morte non è più l’ultima parola. Ma è un
passaggio dalla vita terrena alla vita eterna. La fede del cristiano si
misura in rapporto alla risurrezione di Cristo ed alla sua risurrezione.
3. Il discepolo prediletto ”vide e credette”. I due verbi “vedere e
credere” rappresentano la condizione per la testimonianza del Risorto. I
discepoli dopo l’incontro con il Risorto diventarono suoi coraggiosi
testimoni. Ciò vale anche per ogni cristiano. La Pasqua è la nostra
esperienza di Cristo Risorto; è la nostra proclamazione della vittoria
della vita sulla morte. Siamo chiamati a comunicarlo. In realtà, nel
cuore dell’uomo, anche se egli non se ne rende conto, è iscritta la sete
della vita eterna. Egli, pur se distratto, pur se preoccupato solamente
delle cose materiali, attende nel suo intimo la buona notizia che la
vita è più forte della morte. La Pasqua ci richiama al gioioso compito
di dare questa buona notizia, annunziando agli uomini che se essi
restano insensibili, chiusi al Risorto, si vietano di conoscere il vero
senso della loro vita. Occorre farli incontrare con il Risorto, con il
Vivente che ormai è presente nella storia concreta di ogni uomo. Egli si
fa trovare in vari tempi e modi, in maniera privilegiata
nell’eucaristia, nei sacramenti, nella sua Chiesa, mandata a portare la
buona notizia della risurrezione fino agli estremi confini della terra.
Ciò che conta ed è decisivo è mettersi per via all’alba, non indugiare
più, incatenati dal peccato, La speranza e l’amore per il Risorto
sconfiggano le tenebre del peccato, diano senso e gioia alla vita. |