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Gesù
avendo avuto la notizia della morte di Giovanni Battista, si
allontana dalla città e si ritira in un luogo solitario. La
folla lo cerca e lo raggiunge. Nel vederla ne ha compassione e
guarisce gli ammalati. Questo atteggiamento di affetto si
manifesta poi nella moltiplicazione dei pani. Si tratta di un
grande miracolo: il cibo è abbondante; la folla viene sfamata e
restano dodici ceste piene di pani. Nel compierlo Gesù è quasi
invitato dalla disponibilità degli apostoli, i quali mettono a
disposizione del maestro cinque pani e due pesci. Il miracolo
non viene dal nulla. Nella descrizione fattacene
dall’evangelista Matteo ci sono offerti tre messaggi.
Il primo è cristologico. Il miracolo in un luogo deserto mette
in evidenza anzitutto la potenza divina di Cristo. Esso ha un
parallelismo nel prodigio della manna discesa dal cielo nel
deserto ( Es 16,1ss). Tale parallelismo collega Gesù a Mosé.
Questi fu il liberatore degli israeliti dalla schiavitù
dell’Egitto, la loro guida nel lungo cammino nel deserto. Gesù è
liberatore di tutti gli uomini dal peccato, da ogni forma di
schiavitù. Egli è la loro guida sicura lungo il cammino nel
deserto di questo mondo. La moltiplicazione dei pani richiama il
modo in cui si realizza il miracolo operato dal profeta Eliseo.
Allorché il discepolo fa presente al profeta la pochezza di
venti pani per potere sfamare cento persone Eliseo risponde:
"dalli da mangiare alla gente" (2 Re 4,42-43. Gesù moltiplica
cinque pani e due pesci per più di cinque mila persone. Egli è
il vero profeta atteso nei tempi messianici.
Il secondo messaggio è ecclesiale. Nel luogo deserto la folla si
siede sull’erba; essa è immagine viva della Chiesa. Nella folla
che mangia affratellata Matteo vede la Chiesa che vive attorno a
Gesù. Gli apostoli sono partecipi e coinvolti nella vicenda del
gesto miracoloso. Nel loro coinvolgimento si può intravedere
un’allusione ai ministri che distribuiscono l’Eucaristia,
l’insegnamento di Gesù.
Il terzo messaggio è eucaristico. Nella moltiplicazione dei pani
è prefigurata l’istituzione dell’Eucaristia: “Prese i pani… alzò
gli occhi al cielo… benedisse…spezzò… diede”. Dal deserto si
passa al cenacolo. Gesù è colui che non solamente offre un pane
abbondante per sfamare i corpi, ma anche colui che offre se
stesso come cibo per la vita dell’uomo.
Il miracolo della moltiplicazione dei pani ci richiama il grido
dei numerosi affamati di pane, che proviene da tante parti del
mondo. Qualcuno potrebbe chiedere: come mai Gesù non interviene
oggi miracolosamente? Chi pone tale interrogativo dimentica che
Dio ha dato all’uomo intelligenza e volontà, le quali lo rendono
responsabile nei confronti di tanta fame di pane che affligge
milioni di uomini. Ciò diventa eloquente se si pensa che la
terra di per sé ha le risorse sufficienti per sfamare l’umanità.
Ma l’egoismo, a livello personale ed a livello istituzionale,
ottenebra tale responsabilità ed impegno. Ecco perché è urgente
meditare e mettere in pratica quello che Gesù rispose al diavolo
che lo tentava: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni
parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Fame di pane e
fame della parola di Dio sono connesse. Chi sa vivere della
parola che viene dalla bocca di Dio diventerà capace di
comprendere meglio i problemi della fame nel mondo e di operare
per la loro giusta soluzione. Chi sa vivere di questa parola che
esce dalla bocca di Dio prende coscienza che siamo tutti
fratelli, figli dell’unico Padre. Per risolvere i problemi della
fame nel mondo non bastano solamente Organismi internazionali,
programmazioni di vario genere. Occorre anzitutto quella
formazione delle coscienze la quale, lasciandosi guidare e
nutrire dalla parola che esce dalla bocca di Dio, ha la capacità
di aprire gli uomini, gli Stati ad una solidarietà veramente
disinteressata, di vedere nel povero l’immagine di Cristo. Si dà
anche una altra connessione: fame di pane e fame di pane
eucaristico. Chi mangia il pane eucaristico non può rimanere
indifferente davanti ai bisogni del prossimo. |