9 ottobre

XXVIII Domenica del tempo ordinario

 

dal Vangelo secondo Matteo (22,1-14)

 

In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlare in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse: “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
Allora il re s’indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

 
   
 

La parabola degli invitati a nozze sviluppa l’argomento teologico affrontato nelle due parabole precedenti: quella dei due figli (Mt 21,28-32) e quella dei vignaioli omicidi (Mt 21,34-45). Anche nella presente parabola ritorna la polemica di Gesù con i principi dei sacerdoti, con i capi qualificati del giudaismo.
I destinatari della parabola sono gli stessi delle due parabole precedenti.
Il contesto è quello del banchetto nuziale. Lo sposo è lo stesso erede, il figlio del re. Nella tradizione biblica il convito è simbolo delle nozze messianiche, della gioia, della felicità eterna.
La parabola è caratterizzata dall’atteggiamento di un re desideroso di avere partecipanti al banchetto per il suo figlio, di un re pieno di benevolenza che ha predisposto tutto per un banchetto gioioso. Al suo invito si dà una varietà di risposte. I primi chiamati rifiutano. Il reiterato invito fa menzione della bellezza del pranzo. Ma gli invitati non accettano; manifestano la causa del rifiuto: disinteresse, indifferenza; addirittura arrivano all’uccisione dei servi che comunicano loro l’invito. Nei pressanti inviti del re e nella negligenza degli invitati è descritta la drammatica storia del popolo eletto che si chiude a Cristo. E’ Dio il re e Gesù è il suo figlio.
Nella parabola emerge la chiamata universale alla salvezza. I servi vengono inviati ai crocicchi delle strade per rivolgere l’invito a tutti. Il rifiuto dei giudei non fa cessare l’amore salvifico di Dio. Dio non cessa di invitare. Tutti sono chiamati alle nozze. Il banchetto è l’immagine del regno messianico; la veste nuziale simboleggia le disposizioni per entrarvi e rimanervi.
Il messaggio che viene offerto dalla parabola è che la salvezza è un dono per tutti, ma un dono che va fatto fruttificare. L’essere entrati nella sala di nozze non è ancora garanzia di salvezza. Occorre indossare e mantenere l'abito nuziale, simbolo della nostra costante fedeltà e dedizione al Signore.
Non basta essere “invitati” per essere dei “salvati”. Sono quanto mai significative le parole di S. Girolamo:
La veste nuziale sono i precetti del Signore e le opere che si compiono nello spirito della Legge e del Vangelo. Essi sono l’abito dell’uomo nuovo. Se qualcuno che porta il nome di cristiano, nel momento del giudizio sarà trovato senza l’abito di nozze, cioè l’abito dell’uomo celeste, e indosserà invece l’abito macchiato, ossia l’abito dell’uomo vecchio, costui sarà immediatamente ripreso e gli verrà detto: «Amico, come sei entrato?». Lo chiama amico perché è uno degli invitati alle nozze, e rimprovera la sua sfrontatezza perché col suo abito immondo ha contaminato la purezza delle nozze... In quel momento infatti non sarà più possibile pentirsi, né sarà possibile negare la colpa, in quanto gli angeli e il mondo stesso saranno testimoni del nostro peccato.

 

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.
(dal Salmo 22)