11 marzo

III Domenica di Quaresima

dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-25)

 

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli, infatti, sapeva quello che c'è in ogni uomo
 

 

Giovanni colloca l’episodio della cacciata dei venditori dal tempio all’inizio dell’attività pubblica di Gesù, mentre i Vangeli sinottici lo pongono dopo, cioè in occasione dell’ultima andata di Gesù a Gerusalemme. L’anticipo corrisponde all’intento di Giovanni di vedere l’episodio in intima relazione con la Pasqua; a questa il brano evangelico fa riferimento ben due volte. L’evangelista Giovanni non è interessato alla cronologia; concentra la sua attenzione sul messaggio. Il significato profondo dell’intero brano evangelico è espresso nelle parole di Gesù: “Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”. E da ricordare che il tempio si prestava ad abusi; poteva diventare facilmente luogo di mercato. Nel suo recinto infatti erano venduti gli animali che dovevano essere immolati in sacrificio. Inoltre i denari per pagare la tassa del tempio venivano cambiati dai cambiavalute, i quali ne approfittavano per ottenere piccoli vantaggi. Già il profeta Geremia aveva rimproverato i sacerdoti del suo tempo per il fatto che il tempio era stato ridotto a spelonca di ladroni (Ger 7,11). Il profeta Malachia aveva annunziato l’intervento di Dio nel tempio tramite un forte castigo degli abusi nel culto ( Ml 3,1). Il profeta Zaccaria aveva predetto che nel giorno ideale del Signore tutto sarebbe stato santo in Gerusalemme e che non ci sarebbe stato “più nessun mercante nella casa del Signore degli eserciti” (Zc 14,21). Egli parla di un futuro tempio aperto al mondo intero, costruito con la venuta del Messia. Gesù si inserisce nella scia dell’atteggiamento profetico. La sua azione purificatrice del tempio e le sue parole sono forti. Esse tendono a rendere il tempio luogo di Dio e non di mercato, e preannunziano l’inaugurazione di un altro tempio. I giudei pensarono che egli si riferisse alla ricostruzione del tempio per opera del Messia, prevista dai profeti.Ciò appare evidente dal racconto sinottico del processo di Gesù. Quando i falsi testimoni ricordarono che egli pretendeva ricostruire il tempio, il sommo sacerdote gli domandò: “Sei tu il Messia?” (cf. Mc 14,58.61).
L’evangelista Giovanni fa emergere il significato dell’atto di Gesù e delle sue parole circa la costruzione di un nuovo tempio in tre giorni, facendo riferimento, nel v.17, alla S. Scrittura. In effetti i discepoli compresero che Gesù parlava del tempio del suo corpo dopo la sua risurrezione, nella luce del salmo 69,9, del quale nel brano evangelico è riportato il v.9. “Lo zelo per la tua casa mi divora”. Gesù non costruisce un nuovo tempio, cioè l’edificio materiale cosi come l’attendeva la tradizione giudaica: un tempio più grande, accessibile a tutte le nazioni. Egli stesso diventa tempio con il suo corpo. Il nuovo tempio vivo e duraturo è il corpo di Cristo risorto. Il suo corpo, crocifisso e risorto è il luogo della presenza definitiva di Dio in mezzo agli uomini, il luogo della vera adorazione di Dio. E’ drammatica la conclusione del brano evangelico. Molti presi dall’entusiasmo per i segni operati da Gesù ritenevano di credere in Lui. Ma Egli non credeva a loro perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli, infatti, sapeva quello che c'è in ogni uomo.

   
 

La Liturgia tramite la proposta del brano del Vangelo di Giovanni (2, 13-25) ci fa comprendere che ogni preghiera e ogni offerta a Dio deve essere fatta in Cristo Gesù. In Lui incontriamo Dio per adorarlo. Non è più necessario ricercare Dio in un edificio materiale, ma nel Figlio stesso di Dio. Con Gesù è giunto il tempo del culto “in spirito e verità” di cui Egli parla con la Samaritana: “Credimi o donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre… E’ giunto il momento ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori” (Gv 4,21.23). Il Figlio solamente è in grado di garantire il nostro rapporto con il Padre. Cristo è ormai il definitivo punto di presenza di Dio e di incontro con Lui. Gesù con la purificazione del tempio ci invita allo stesso tempo a essere consapevoli che Dio desidera un culto che proviene dal cuore sincero e rinnovato. Il rinnovamento del cuore per essere autentico richiede un serio e costante ripensamento della nostra relazione con Gesù. Anche noi possiamo ritenere di credere in Lui, ma la nostra fede forse è un’illusione, come quella dei molti di cui ci parla il Vangelo odierno. Forse anche a noi Gesù non crede, proprio perché noi non crediamo veramente in Lui. Egli conosce quello che c’è dentro di noi, il nostro atteggiamento nei suoi riguardi.
Nel silenzio e nella preghiera domandiamoci con serietà come Gesù ci vede e ci giudica; chiediamoci con sincerità se la nostra fede è vera o falsa. E’ un interrogativo importante e decisivo per la nostra vita. Con il salmista dobbiamo pregare: “Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore; vedi se percorro una via di menzogna, e guidami sulla via della vita” (Sal 138,23-24).

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
(dal Salmo 18)