|
Giovanni colloca l’episodio della cacciata dei
venditori dal tempio all’inizio dell’attività pubblica di Gesù,
mentre i Vangeli sinottici lo pongono dopo, cioè in occasione
dell’ultima andata di Gesù a Gerusalemme. L’anticipo corrisponde
all’intento di Giovanni di vedere l’episodio in intima relazione
con la Pasqua; a questa il brano evangelico fa riferimento ben
due volte. L’evangelista Giovanni non è interessato alla
cronologia; concentra la sua attenzione sul messaggio. Il
significato profondo dell’intero brano evangelico è espresso
nelle parole di Gesù: “Non fate della casa del Padre mio un
luogo di mercato”. E da ricordare che il tempio si prestava ad
abusi; poteva diventare facilmente luogo di mercato. Nel suo
recinto infatti erano venduti gli animali che dovevano essere
immolati in sacrificio. Inoltre i denari per pagare la tassa del
tempio venivano cambiati dai cambiavalute, i quali ne
approfittavano per ottenere piccoli vantaggi. Già il profeta
Geremia aveva rimproverato i sacerdoti del suo tempo per il
fatto che il tempio era stato ridotto a spelonca di ladroni (Ger
7,11). Il profeta Malachia aveva annunziato l’intervento di Dio
nel tempio tramite un forte castigo degli abusi nel culto ( Ml
3,1). Il profeta Zaccaria aveva predetto che nel giorno ideale
del Signore tutto sarebbe stato santo in Gerusalemme e che non
ci sarebbe stato “più nessun mercante nella casa del Signore
degli eserciti” (Zc 14,21). Egli parla di un futuro tempio
aperto al mondo intero, costruito con la venuta del Messia. Gesù
si inserisce nella scia dell’atteggiamento profetico. La sua
azione purificatrice del tempio e le sue parole sono forti. Esse
tendono a rendere il tempio luogo di Dio e non di mercato, e
preannunziano l’inaugurazione di un altro tempio. I giudei
pensarono che egli si riferisse alla ricostruzione del tempio
per opera del Messia, prevista dai profeti.Ciò appare evidente
dal racconto sinottico del processo di Gesù. Quando i falsi
testimoni ricordarono che egli pretendeva ricostruire il tempio,
il sommo sacerdote gli domandò: “Sei tu il Messia?” (cf. Mc
14,58.61).
L’evangelista Giovanni fa emergere il significato dell’atto di
Gesù e delle sue parole circa la costruzione di un nuovo tempio
in tre giorni, facendo riferimento, nel v.17, alla S. Scrittura.
In effetti i discepoli compresero che Gesù parlava del tempio
del suo corpo dopo la sua risurrezione, nella luce del salmo
69,9, del quale nel brano evangelico è riportato il v.9. “Lo
zelo per la tua casa mi divora”. Gesù non costruisce un nuovo
tempio, cioè l’edificio materiale cosi come l’attendeva la
tradizione giudaica: un tempio più grande, accessibile a tutte
le nazioni. Egli stesso diventa tempio con il suo corpo. Il
nuovo tempio vivo e duraturo è il corpo di Cristo risorto. Il
suo corpo, crocifisso e risorto è il luogo della presenza
definitiva di Dio in mezzo agli uomini, il luogo della vera
adorazione di Dio. E’ drammatica la conclusione del brano
evangelico. Molti presi dall’entusiasmo per i segni operati da
Gesù ritenevano di credere in Lui. Ma Egli non credeva a loro
perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli
desse testimonianza su un altro, egli, infatti, sapeva quello
che c'è in ogni uomo. |