Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli
e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di
Dio!”. E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù
allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli
risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”. Disse loro:
“Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno
si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno
dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito,
era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo
fratello Simone, e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia (che significa
il Cristo)” e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui,
disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, ti chiamerai Cefa (che
vuol dire Pietro)”.
COMMENTO
Nel brano del Vangelo odierno si possono distinguere due parti. La
prima narra l’incontro di due discepoli di Giovanni Battista con Gesù;
la seconda descrive l’incontro di Pietro con Gesù.
Gesù passa per la strada. Il Battista fissa il suo sguardo su di lui. Il
verbo “fissare” significa guardare con penetrazione, con intensità. Nel
guardarlo così, Giovanni lo addita ai due discepoli con l’espressione:
“Ecco l’agnello di Dio”. Già il giorno precedente Giovanni aveva reso la
sua testimonianza a Gesù con le parole: “Ecco l’agnello di Dio, ecco
colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Il titolo “agnello di
Dio” è ricco di significati. Rievoca l’agnello pasquale del quale si
parla nell’Esodo (Es 12,1-28), l’oblazione quotidiana di un agnello nel
tempio (Es 29,38-46). In modo particolare richiama il servo sofferente
di Jahvè, che come agnello è condotto al macello, che come pecora muta
di fronte ai suoi tosatori non apre la bocca (Is 53,7). Il titolo è
relazionato con la messianicità di Gesù. Nell’espressione “agnello di
Dio” è contenuta l’idea di Gesù Messia servo sofferente, il quale con il
suo sacrificio e la sua innocenza libera il mondo dal peccato. Questo
atteggiamento di sofferenza, di umiliazione inizia già con il suo
assoggettarsi al battesimo di Giovanni, mediante il quale egli si fa
solidale con l’uomo, bisognoso di salvezza. La testimonianza di Giovanni
Battista, della quale parla il brano del Vangelo odierno, non ha di per
sé lo scopo di rivelare Gesù. Essa piuttosto intende mostrare che due
dei discepoli di Giovanni diventano discepoli di Gesù.
Ci viene descritto il loro desiderio di conoscere Gesù, di parlare con
Lui. Lo seguono. Il verbo “seguire” nei Vangeli è il termine
privilegiato per esprimere la consacrazione dei discepoli. L’evangelista
Giovanni nell’adoperalo vuole proprio dirci che i discepoli di Giovanni
Battista stanno per diventare discepoli di Gesù. E’ interessante
rilevare che all’inizio di tale procedimento di sequela Gesù pone la
domanda: “Che cercate?” La risposta dei due è eloquente:
“Rabbì dove abiti?”. Nel testo greco il verbo adoperato è mènein, il
quale ha un significato più profondo di quello di abitare; esso
significa rimanere. I due discepoli vogliono stare con Gesù, vogliono
non soltanto conoscerlo, ma anche fare una esperienza di Lui, entrare
nel suo mistero. Gesù asseconda il loro desiderio. Dice loro: “Venite e
vedrete”.
L’incontro con Gesù, l’essere stati con lui fu risolutivo per i due
discepoli. Uno dei due, Andrea, trova suo fratello Simone; gli comunica
la notizia inaudita: “Abbiamo trovato il Messia” e lo conduce da Gesù.
L’incontro opera una svolta nella vita di Simone, egli diventa Cefa, che
vuole dire Pietro (cf Mt 16,18). E’ indicativo questo cambiamento del
nome. Il nome esprime la funzione, la missione alla quale Simone è
chiamato, indica il suo destino. Simone diventa “cefa”, cioè pietra,
roccia di fondamento, sulla quale Cristo edificherà la Chiesa.
RIFLESSIONE
Vogliamo limitarci a proporre due riflessioni.
La formazione del vero discepolo di Gesù comincia quando si va da Lui
per stare, per rimanere con lui. Ciò esige un atteggiamento di ricerca.
Questa deve essere costante, non ha limiti di tempo, perché il mistero
di Gesù ci trascende sempre. Ma anche a noi Gesù pone la domanda: “Che
cercate?” Rivolta ai primi discepoli continua ad essere rivolta ai
discepoli di tutti i tempi. Essa è un invito a chiederci perché
cerchiamo Gesù, che cosa cerchiamo in Lui. I Vangeli ci riferiscono che
tanti cercarono Gesù e non lo compresero. Pensiamo alla folla che aveva
visto il miracolo della moltiplicazione dei pani. Rimase meravigliata,
stupefatta per la straordinarietà del miracolo, ma non cercò Gesù;, non
riuscì a porsi l’interrogativo sulla vera identità di chi lo aveva
compiuto (Gv 6,26-27).
Nel brano evangelico gli incontri con Gesù sono mediati: i due
discepoli di Giovanni Battista incontrano Gesù perché il loro maestro lo
addita loro. Simone incontra Gesù perché suo fratello glielo annuncia.
Chi ha fatto l’esperienza di Gesù diventa suo testimone. Testimoniare
significa comunicare agli altri il nostro essere stati con Gesù,
manifestare agli altri che la nostra conoscenza di Lui ha cambiato la
nostra vita. Nessuno entra in contatto con Lui senza che questo incontro
non produca un effetto,senza che esso non segni una svolta nella vita.
Chi ha scoperto Gesù riceve una carica contagiosa; non può fare a meno
di comunicarlo agli altri. |