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4 maggio 2008

Ascensione del Signore - Anno A

dal Vangelo secondo Matteo (28,16-20)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

Il Vangelo odierno descrive l’ultimo incontro di Gesù con i suoi apostoli, l’ultimo messaggio consegnato ad essi.
L’ incontro avviene nei luoghi indicati dallo stesso Gesù: la Galilea, il monte. La Galilea “delle genti” è il luogo dove
Egli aveva fatto risuonare il suo primo annunzio (Mt 4,12-17). Il monte richiama quello dove aveva pronunziato lo sconvolgente discorso delle beatitudini ( Mt 5,1). In questo ritorno in Galilea, nella salita sul monte si coglie l’intento di Gesù Risorto di tornare alle origini del suo ministero e di convalidare tutta la sua attività, nonché il programma delle beatitudini.
Il messaggio contiene due temi. Il primo riguarda il potere che Gesù dopo la sua risurrezione ha ricevuto dal Padre. Nel Vangelo di Matteo si parla più volte di “potere”, di “autorità” di Gesù nel suo insegnare e nel suo agire (Cf. Mt 7,29; 9,6-7; 21,23). Con la sua risurrezione Egli ne è entrato in pieno possesso, senza alcun limite di spazio (in cielo ed in terra) e di tempo (sino alla fine del mondo).
Il secondo tema concerne la missione che Gesù affida ai suoi apostoli in virtù dei suoi poteri di Risorto. La missione abbraccia tre compiti: fare discepoli, battezzare, insegnare ad osservare tutti i suoi insegnamenti.
Gesù, nel distaccarsi dai suoi apostoli, promette la sua presenza sino alla fine del mondo. E’ una presenza del tutto nuova. Egli rimane con noi con il suo Spirito; è con noi nell’Eucaristia, nei sacramenti; nella sua Parola; nella Chiesa. L’Ascensione non è un distacco, né tanto meno la conclusione della vita di Gesù; segna piuttosto la sua presenza, in modo diverso, ma reale nella storia. Tale presenza è garanzia di assistenza contro ogni difficoltà.
Il Vangelo di Matteo si apre con l’annunzio della venuta dell’Emmanuele, di Dio con noi (Mt,1,22-23); si chiude con l’assicurazione che questa presenza di Dio tra gli uomini continua: “Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

 

La liturgia dell’Ascensione ci mette in forte tensione verso la nostra patria celeste; è pressante richiamo al nostro destino eterno. In Cristo asceso al cielo la nostra umanità è stata innalzata accanto a Lui e noi viviamo nella speranza di raggiungerlo. E’ questa speranza che dà vero senso al rapido scorrere della nostra vita. Falsi idoli di diverso genere alle volte affascinano la nostra mente, entrano nel nostro cuore e ce la fanno perdere di vista. Sarà la nostra amicizia personale con Gesù, costantemente curata, che ci stimolerà a non distogliere il nostro sguardo dalla gioia dell’unione definitiva con Lui nella gloria eterna.

Il mandato di missionarietà dato da Gesù agli apostoli coinvolge anche il cristiano. L’ardente anelito di S. Paolo “Guai a me se non annunciassi il Vangelo” (1 Cor 9,16) deve essere anche il nostro. L’annunzio di Gesù, del suo messaggio salvifico va effettuato in modo coraggioso con la nostra parola che mostri profonda convinzione, e con la nostra testimonianza di una vita irreprensibile.

 

 

Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre,
per il mistero che celebra in questa liturgia di lode,
poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità
è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo,
viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria.
Egli è Dio, e vive e regna con te...