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In quel tempo, le folle
interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?».
Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi
ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero:
«Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete
nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo
fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a
nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si
domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni
rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui
che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei
sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano
la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo
granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
La
liturgia di questa domenica è ricca di testi, di preghiere che
invitano alla gioia L’antifona d’ingresso riprende alcune parole
della lettera di Paolo ai Filippesi: “Rallegratevi sempre nel
Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil
4,4.5). Anche la preghiera iniziale (la Colletta) fa riferimento
alla gioia, la cui fonte è Dio: “Dio fonte della vita e della gioia
rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via
dei tuoi comandamenti, e portiamo a tutti gli uomini il lieto
annunzio del Salvatore”. La parola austera di Giovanni che presenta
il messia che verrà con il ventilabro non offusca questo clima di
gioia. Il Battista infatti annuncia la buona novella, che è novella
di gioia.
Ma cerchiamo di cogliere alcuni tratti più salienti del brano
evangelico.
A Giovanni che battezza nel deserto affluiscono intere folle. Esse
restano toccate dal suo esempio e dal suo insistente invito alla
conversione. Vanno da lui, chiedendo:
“Che cosa dobbiamo fare per convertirci? E’ gente che vuol fare
qualcosa per cambiare vita. E’ sorprendente che vengono da Giovanni
due categorie di persone che a giudizio comune erano i più
inconvertibili e i più odiati: gli esattori delle tasse e soldati
appartenenti alla truppa militare poliziesca dell'occupante romano.
Giovanni nelle sue risposte non pretende una vita ritirata dal
mondo, come quella che egli pratica. Non riprova le varie
professioni terrene degli uomini che vengono a lui. Richiede opere
di carità ed adempimenti dei comandamenti. Giustizia, carità,
misericordia sono i frutti della conversione, i quali mostrano che
la conversione è effettiva e che l’albero è buono.
Alle persone appartenenti a specifiche categorie che accorrono a
lui, - categorie, riportate solamente dall’evangelista Luca -
Giovanni spiega come la conversione si effettua proprio nel modo
dell’espletamento della propria attività. Cosi agli appartenenti
all’odiata categoria dei gabellieri proibisce l’arricchimento
attraverso imposizioni ingiuste. Ai soldati richiede di non
abbandonare la professione, ma di astenersi da ogni sorta di
oppressione e di rapina e di contentarsi delle loro paghe.
Ma la personalità di Giovanni Battista, la sua predicazione, il suo
battesimo suscitavano in tutti il pensiero che egli potesse essere
il messia atteso. In merito egli dissipa ogni equivoco. Mette subito
a confronto se stesso e il messia, al fine di fare risultare la
superiorità di quest’ultimo. Il messia è più forte di lui. Al messia
egli non è degno di sciogliere neppure il legaccio dei suoi sandali.
Il messia battezzerà in “Spirito Santo e fuoco”, cioè con un
battesimo che purificherà l’uomo con l’azione santificante dello
Spirito Santo. Egli sarà anche giudice, perché nei suoi confronti
gli uomini si distingueranno secondo l’adesione che gli daranno. E’
bella l’immagine che Giovanni adopera in merito. Come durante
l’estate il contadino, dopo avere battuto il grano sull’aia, con la
pala separa il grano dalla pula e dai rimasugli di paglia, così il
messia farà la divisione tra buoni e cattivi.
Un fatto da sottolineare è che Giovanni non impone alle persone che
accorrono a lui di diventare suoi discepoli, come invece ha fatto
Gesù. Egli non è il messia, ma colui che ne prepara la via. La sua
figura si eclissa allorché compare Gesù.
Nella prospettiva di quanto osservato è da evidenziare che
all’evangelista Luca appare importante mettere in risalto che tra
Giovanni e Gesù c’è un netto distacco nella storia della redenzione.
Il Battista appartiene ancora all’antico ordine di salvezza superato
dal Vangelo.
Camminiamo verso il Natale che si avvicina. L'attesa di Gesù che
viene incontro a noi esige seria preparazione, volontà concreta di
aprirsi a lui, di accoglierlo. L'attesa stimola a porci
l’interrogativo: Che cosa dobbiamo fare?
Giovanni ci aiuta a rispondervi. Occorre anzitutto compiere opere
buone, vivere la carità, "che copre molti peccati" (1Pt 4,8). Le
opere di bene, fatte con cuore sincero e generoso, sono la premessa
migliore per arrivare alla conversione. Ciò proprio perché
convertirsi è distaccarsi dal passato, da una vita peccaminosa o
imperfetta, lasciare la strada sbagliata per puntare verso una vita
nuova.
La conversione pertanto coinvolge l’uomo nel più intimo della sua
esistenza e si effettua nella vita quotidiana; deve penetrare nel
proprio stato di vita e condizione sociale. E’ lì infatti che si
gioca, ogni giorno, la nostra fedeltà o meno a Gesù. Non si tratta
di cambiare mestiere, ma il modo di esercitarlo in conformità al
volere
di Dio.
La conversione è ritornare al Signore e volgere interamente a Lui il
proprio cuore.
La conversione richiesta da Gesù si differenza da quella di Giovanni
Battista, ma ingloba le richieste di quest’ultimo.
La conversione deve essere visibile a coloro che stanno accanto a
noi. Vogliamo ricordare al riguardo l’esortazione che S. Paolo dava
ai cristiani della città di Filippi: “…siate irreprensibili e
semplici, figli di Dio immacolati in mezzo ad una generazione
perversa e degenere, nella quale dovete risplendere come astri nel
mondo, tenendo alta la parola di vita”. ( Fil 2,15-16).