In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio:
come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di
giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il
terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il
chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda
la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale
parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando
viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono
sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di
tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del
cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come
potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai
suoi discepoli spiegava ogni cosa.
RIFLESSIONE
1. Gesù si serve di realtà semplici, accessibili a tutti per
comunicare verità grandi.
Oggi nel Vangelo ci chiarisce il modo come il regno di Dio, la signoria
di Dio, opera nella vita di ciascun uomo, nella storia.
Il regno di Dio agisce in un modo miracoloso. Per farcelo comprendere,
Gesù prende come termine di paragone, di confronto un avvenimento
tipico: la crescita della semente. L’accento è posto sulla vitalità
intrinseca che ha il seme in se stesso e nella terra che l’accoglie per
farlo maturare e produrre frutti . Che il seminatore dorma o vegli, di
notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come? Egli stesso non lo
sa.
Gesù con questa parabola ci dice quale deve essere l’atteggiamento
spirituale dell’uomo di fronte al regno di Dio, alla signoria di Dio.
Egli puntualizza che il regno di Dio ha una sua forza autonoma
intrinseca, per cui l’uomo deve avere fiducia nell’azione operosa di Dio
nella propria vita, nella storia. Ma allo stesso tempo l’uomo deve
corrispondere all’azione di Dio nel suo cuore. Il suo atteggiamento non
deve essere un quietismo che farebbe dipendere tutto da Dio, né un
presuntuoso attivismo che farebbe dipendere tutto dai suoi sforzi, dai
suoi meriti.
L’ultimo versetto della parabola parla della mietitura: “quando il
frutto è pronto si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura”.
Dio stabilisce il momento della mietitura. A Gesù preme la questione del
tempo, del compimento della signoria di Dio. Nella tradizione biblica la
mietitura indica il tempo della gioia. E’ allora che l’uomo si accorge
che la sua fiducia in Dio ed il suo sforzo personale quotidiano sono
premiati.
Dio immette continuamente nel cuore di ognun uomo forze vitali, energie
in modo germinale. Spetta a ciascuno portarli a maturazione.
2. La seconda parabola contiene lo stesso insegnamento,ma in parte lo
supera. Gesù ci presenta la vitalità del più piccolo tra tutti i semi,
che affidato alla terra cresce e si dilata.
Egli sottolinea il contrasto tra la piccolezza del seme, il granellino
di senapa, e la grandezza della pianta da esso prodotta: fa rami tanto
grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra.
Con questa parabola Gesù ci dice che la signoria di Dio nel mondo
comincia come un granellino di senapa, piccolo, modesto. Il paradosso
consiste nell’immagine grandiosa del grande albero. Gli inizi saranno
sempre umili e modesti, ma la crescita sarà assicurata per la potenza di
Dio. La parabola è un invito alla speranza, alla fiducia nella potenza
costante di Dio.
Gesù affida la signoria di Dio nel mondo alla comunità cristiana, quindi
a ciascuno di noi. E’ nostro compito, e responsabilità annunziarlo,
nonostante i nostri limiti.
Dio agisce per mezzo della nostra debolezza, opera meraviglie attraverso
la nostra
debolezza.
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