In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se uno mi ama, osserverà
la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la
parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni
cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dò
a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi
rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.
Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi
crediate”.
RIFLESSIONE
Per comprendere adeguatamente il brano del Vangelo, che la Liturgia
odierna ci propone, dobbiamo precisare che esso fa parte del discorso di
addio di Gesù ai suoi discepoli. Alla vigilia della sua dipartita Egli
li conforta con la promessa che ritornerà e si manifesterà ancora a
quanti lo amano: “…chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anche io lo
amerò e mi manifesterò a lui” ( Gv 14,21). L’idea della manifestazione
attira l’attenzione di uno dei discepoli, Giuda Taddeo (non
l’Iscariota), il quale chiede a Gesù: “ Signore, com’è che ti
manifesterai a noi e non al mondo?”. In questa domanda, la quale
rispecchia la mentalità anche degli altri discepoli, si legge la
delusione di chi si aspetta la manifestazione di un Messia con potenza e
gloria di fronte al mondo. Per Giuda è inconcepibile una manifestazione
privata di Gesù.
Gesù non gli risponde direttamente, ma coglie l’occasione per spiegare
che cosa significhi manifestarsi e quindi il perché il mondo non possa
vederlo. Ricordiamo che a Filippo che gli aveva chiesto di mostrare il
Padre Gesù aveva risposto “ Chi ha visto me ha visto il Padre”.
Il brano del Vangelo odierno ci riporta la precisazione fatta da Gesù
nei riguardi della domanda di Giuda Taddeo. Egli fa comprendere che la
sua presenza dopo la risurrezione significherà anche la presenza del
Padre. Non occorre pensare ad immagini esaltanti circa la sua
manifestazione, la sua presenza. Questa è condizionata all’ amore verso
di Lui e all’ osservanza della sua parola: “Se uno mi ama, osserverà la
mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui”. La manifestazione di Gesù avviene, non nella
potenza, ma nell’amore. Ma amare Gesù comporta aderire alla sua parola.
La fedeltà a questa parola è condizione necessaria perché Egli e il
Padre prendano dimora nei discepoli. Il mondo non può vedere né Gesù né
il Padre in quanto rifiuta di ascoltare la parola, perché non ama Gesù.
La disponibilità all’amore verso Gesù ed all’ascolto della sua parola è
la ragione della differenza tra i discepoli e il mondo.
Gesù sa che quello che Egli ha detto non è stato ancora compreso dai
discepoli. Essi hanno bisogno dello Spirito. Sarà lo Spirito che li
renderà capaci di comprendere in pieno il significato delle sue parole.
Lo Spirito ha come missione di “ far ricordare” e far comprendere tutto
quanto Gesù ha detto e fatto nella sua vita terrena. Egli non apporterà
nessuna insegnamento supplementare. Gesù ha portato la rivelazione
definitiva; lo Spirito la farà comprendere, cioè darà una visione chiara
di tutto ciò che Gesù ha insegnato e fatto. Ma la memoria che opera lo
Spirito non è un ricordo ripetitivo; è memoria che attualizza.
Alla promessa dello Spirito Gesù aggiunge il dono della pace: il suo non
è un addio qualunque : “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. E’ il
dono della sua pace. Essa è più che un benessere materiale o un segno di
felicità umana. E’ la “gioia” di cui si parla in Gv 15,11 e 17,13; è il
possesso della verità, il quale dà la sicurezza di superare tutte le
vicissitudini, tutte le difficoltà. Il cuore dei discepoli non deve
essere turbato né deve avere timore.
L’addio di Gesù è partenza e ritorno. Gesù va al Padre che lo
glorificherà. Durante la sua missione sulla terra, nella sua
manifestazione esterna, Egli è apparso inferiore a colui che lo ha
mandato. Il Padre cioè è più grande di quanto i discepoli hanno visto in
Lui nella sua presentazione umana. Non si tratta quindi di una
differenza di natura tra il Padre e il Figlio. Infatti Gesù afferma: "Io
e il Padre siamo una sola cosa" (Gv 10,30).
Il ritorno al Padre indica che l’opera che il Padre ha dato a Gesù è
compiuta. Ora Egli sarà glorificato con quella gloria che aveva prima
che il mondo esistesse. Tutto ciò deve costituire un motivo di gioia per
i discepoli; essi devono rallegrarsi, perché quando Gesù sarà
glorificato Egli li glorificherà dando loro la vita eterna.
Il cristiano vive nel mondo, ma non è solo. Poiché ama Gesù e crede in
Lui, Dio lo avvolge della sua presenza. Ogni giorno può sperimentare
l’amore di Dio “ che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).
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