In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che
presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini
salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio
che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure
come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime
di quanto possiedo.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli
occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me
peccatore.
Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza
dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà
esaltato”.
RIFLESSIONE
Il Vangelo odierno offre alla nostra considerazione una parabola
sulla preghiera, che Gesù indirizza a coloro che si ritengono giusti. In
realtà, la parabola va al di là della preghiera; descrive infatti il
modo di concepire Dio e la sua salvezza, il modo di comportarsi nei suoi
riguardi. Presenta due protagonisti, il fariseo e il pubblicano, i quali
incarnano due contrastanti atteggiamenti verso Dio e verso il prossimo.
Gesù, sebbene non li nomini espressamente, ha di mira i farisei, i quali
si reputavano giusti davanti a Dio e disprezzavano gli altri, in modo
particolare i pubblicani. Già precedentemente li aveva accusati in modo
chiaro: “ voi vi ritenete giusti davanti agli uomini; ma Dio conosce i
vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile
davanti a Dio”(Lc 16,15).
La forza della parabola consiste nella denuncia di Gesù nei riguardi
dell’atteggiamento di autosufficienza del fariseo. Questi viene
presentato come colui che per il semplice fatto di osservare fedelmente
la legge si autogiustifica davanti a Dio. Si ritiene infatti senza
peccato; non ha la consapevolezza di essere bisognoso della misericordia
di Dio. Quindi non reputa necessario pregare Dio per domandargli il
perdono per qualche colpa. La sua preghiera è solo apparente; non chiede
nulla a Dio; in effetti essa diventa un pretesto per lodare se stesso.
Davanti a Dio egli si vanta delle opere che compie. O Dio, ti ringrazio
che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure
come questo pubblica. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di
quanto possiedo. Fa l’elogio di se stesso affermando di essere migliore
degli altri. Infatti non solamente osserva la Legge, ma fa di più di
quanto essa esiga. Digiuna volontariamente due volte la settimana. Paga
le decime di tutto ciò che acquista. E’ fiero e soddisfatto di se
stesso; non trova nulla di riprovevole in se stesso. Pensa pertanto che
le sue opere buone rendano Dio debitore nei suoi confronti. Si presenta
a Lui con le proprie credenziali. Rammenta a Dio la ricompensa che
ritiene di attendere, anzi esigere, da Lui. Non vede la salvezza come
dono gratuito di Dio.
Al contrario il pubblicano si riconosce peccatore. Ha coscienza delle
sue colpe; non si vanta di nulla e non si paragona ad altri più
peccatori di lui. Anche il suo atteggiamento esterno ne è prova. Si
mette in uno stato di umiltà: sta a distanza, non distacca gli occhi
dalla propria miseria per alzarli verso il cielo.
Si batte il petto - che è la sede del cuore dal quale deriva ogni
peccato - dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. E’ conscio di non
avere meriti davanti a Dio. Sa che non può pretendere nulla da Dio e che
deve contare sulla sua misericordia e non su se stesso.
Gesù sottolinea che tra i due atteggiamenti, quello del pubblicano è il
vero, perché è in armonia con la salvezza, che è dono gratuito di Dio.
La parabola chiama in causa ogni cristiano,
ogni uomo. Tutti siamo peccatori; nessuno ha la capacità di salvarsi, né
può avanzare in merito pretese davanti a Dio. L’unico modo corretto di
porsi davanti a Lui, nella preghiera ed anzitutto nella vita, è quello
dell’ umiltà, è quello di sentirsi bisognosi del suo amore, del suo
perdono. E’ Dio che ci salva in Cristo Gesù (cf.Rm 3,22-26). Dobbiamo
certamente compiere le opere buone, ma senza vantarcene, senza fare
paragone con gli altri. |