In quel tempo, si avvicinarono alcuni sadducei, i quali negano che
vi sia la risurrezione, e posero a Gesù questa domanda: “Maestro, Mosè
ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma
senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al
proprio fratello.
C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì
senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e
sette; e morirono tutti senza lasciare figli.
Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione,
di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”.
Gesù rispose: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono
marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della
risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono
più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della
risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha
indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore:
Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.RIFLESSIONE
Ci avviciniamo al termine dell’anno
liturgico. Siamo invitati a riflettere sulla morte e sull’al di là. Alla
nostra considerazione la liturgia di oggi propone il brano del Vangelo
di Luca dove viene affrontato il tema della risurrezione dei morti. Si
tratta di un argomento discusso nel giudaismo al tempo di Gesù. In
merito si contrapponevano due gruppi: i farisei che credevano alla
resurrezione dei morti e i sadducei che la negavano. Sono proprio questi
ultimi che pongono a Gesù un caso del tutto grottesco, ma basato sulla
legge del levirato ( cf. Dt 25,5), secondo la quale un fratello deve
sposare la cognata rimasta vedova senza figli. Il caso, così come è
presentato a Gesù, è volto a ridicolizzare la credenza nella
risurrezione; infatti riguarda una donna che aveva avuto successivamente
come marito sette fratelli. La domanda postagli è insidiosa: “Questa
donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e
sette l’hanno avuta in moglie?”
La risposta di Gesù si snoda in due parti.
Nella prima afferma che la
condizione della vita dei risuscitati non va concepita come il
prolungamento di quella dell’al di qua. I due mondi, quello presente e
quello dell’al di là, sono differenti. La vita futura è una vita nuova,
è un nuovo modo di vivere. La difficoltà dei sadducei pertanto non
esiste. Il matrimonio scomparirà; non ci sarà più la necessità di
generare. Coloro che risusciteranno non saranno più sottomessi alle
leggi biologiche di questo mondo. Essi saranno come gli angeli, cioè
immortali e liberi da tutti gli impulsi di questo mondo. Inoltre,
essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. L’espressione figli
della risurrezione è un modo di dire semitico che equivale a
“risuscitati”. Gesù vuole asserire che la risurrezione farà apparire in
senso pieno il nostro essere figli di Dio. Lo si è già in questo mondo,
ma non nella piena manifestazione della partecipazione della vita e
della gloria di Dio.
Nella seconda parte Gesù attesta la
sicurezza di tale destino sull’autorità della Scrittura, intesa come
parola di Dio. In questo modo il suo argomentare si contrappone a quello
dei sadducei; essi si fondavano sulla parole della legge di Mosè per
mostrare l’incongruenza della credenza nella risurrezione. Gesù fa
appello all’affermazione di Mosè che a proposito del roveto, chiama il
Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe ( Es 3,6). Il
fatto che Dio si presenta a Mosè come il Dio di Abramo, Dio di Isacco e
Dio di Giacobbe significa che Egli si sente in rapporto vitale con i
patriarchi morti da centinaia di anni; significa che essi continuano a
vivere in comunione con Lui. Infatti Dio, che è il vivente, la sorgente
di ogni vita, non può associarsi a dei morti.
Gesù conclude: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti
vivono per lui”. Egli dichiara non solamente che tutti vivono per mezzo
di Dio, ma anche che il termine della vita di ogni uomo è Dio. La
risurrezione non è soltanto una questione antropologica, vale a dire un
problema che concerne l’uomo e il suo destino. Essa riguarda anzitutto
la relazione con Dio, sorgente e meta di ogni vivente.
- La risurrezione è il centro della fede
cristiana: “Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se
Cristo non è risorto, è vana la vostra fede” (1 Cor 15,16). Gesù è
risuscitato dai morti “primizia di coloro che sono morti” ( 1 Cor
15,20); è “primogenito di coloro che risuscitano dai morti” (Col 1,18).
- Nella nostra società è attuale la tentazione di ragionare da “nuovi
sadducei”. Ci si crede “signori” della propria vita; si vive come se ciò
che conta è qui, in questo mondo, e qui, in questa vita, finisce.
Il Signore ci ricorda che siamo pellegrini, in cammino verso la patria
del cielo, dove vivremo da risorti con Cristo, primizia dei risorti.
Credere nella risurrezione futura, però, non significa svuotare la vita
presente o perdere di vista i nostri impegni quotidiani. Significa
invece riempire il nostro vivere quotidiano di senso e di valori. |