In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.COMMENTO
E’ il prologo del Vangelo di S. Giovanni, che sintetizza il mistero
dell’Incarnazione. La Liturgia ce lo propone per farne gustare l’altezza
e la profondità. Vogliamo coglierne alcuni aspetti, che ci aiutino a
comprendere il ruolo che esso deve giocare nella nostra vita di
cristiani.
Il punto culminante del brano è espresso nel v. 14: “E il Verbo si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Colui che viene ad abitare in
mezzo a noi è il Figlio di Dio “per mezzo del quale tutto è stato fatto
e senza di Lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste”. “Farsi
carne” non significa puramente farsi uomo. La parola greca “sarx” (=
carne) - la quale corrisponde a quella ebraica “basar” - contrassegna
l’uomo nel suo stato di debolezza, di morte ed anche di peccabilità.
Manifesta tutto il realismo dell’incarnazione. Il Figlio di Dio
l’eterno, si inserisce nel flusso del tempo; Egli, l’infinito, assume
forma umana. Si fa completamente solidale con l’uomo. E’ il profondo e
volontario suo abbassamento.
Egli viene per “abitare in mezzo a noi”; il testo greco esprime la
ricchezza di questo venire ad abitare in mezzo, dicendo: Egli “pone la
sua tenda in mezzo a noi”. Non si tratta di una presenza passeggera. Il
Figlio di Dio resta, ormai è diventato uno di noi. Il cosmo, lo spazio e
il tempo, la storia, le cose, l’uomo, tutto acquista finalmente un senso
perché in essi si inserisce il Figlio di Dio. Ed è sorprendente che in
questo suo abbassarsi, nel suo farsi uno di noi, si rivela la sua
gloria.
Egli viene; ed è vita per l’uomo, è luce che annulla le tenebre del
peccato. E’ venuto per amore dell’uomo, per salvarlo dal peccato. Ecco
perché il suo essere nel mondo divide l’umanità in figli della luce,
(coloro che lo accolgono), e in i figli delle tenebre: quelli che lo
respingono. Coloro che l’accettano ricevono il potere di “diventare
figli di Dio”.
Il brano del Vangelo ci mette di fronte all’immenso amore di Dio. E’
proprio questo amore che provoca alla scelta.
RIFLESSIONE
Anche oggi siamo provocati ad aprirci con stupore
davanti a Lui che viene incontro a noi nella forma di un bambino nato in
una mangiatoia. Lo stupore si deve trasformare in contemplazione, in
adorazione dell’amore di Dio.
Ma nel brano del vangelo c’è l’affermazione, la proclamazione della
dignità dell’uomo. Dio non soltanto ci ha amato, ma ci ha fatto suoi
figli in Cristo Gesù. Il Figlio di Dio “si è fatto ciò che siamo per
renderci partecipi di ciò che Egli è” (San Cirillo d’Alessandria).
In altri termini nella pagina del vangelo odierno riconosciamo il volto
di Dio, ma anche il nostro volto, la nostra identità di figli di Dio.
Essere figli di Dio e vivere come tali: questa è verità che deve dare
senso alla nostra esistenza ed orientarla. |