«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle
pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un
brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il
guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue
pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori
tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono
perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma
fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa
parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi
dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima
di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io
sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e
uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere
e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza». RIFLESSIONE
Per la quarta domenica di Pasqua la liturgia della parola nella
chiesa cattolica ci propone nel ciclo dei tre anni la meditazione del
capitolo decimo dell'evangelo di Giovanni, che ha come tema di fondo
Cristo buon Pastore. Di questo capitolo oggi si leggono i primi dieci
versetti.
Una riflessione sulla figura del pastore ci porta a immaginare come
poteva essere la vita del pastore all’epoca di Gesù. In qualche modo la
possiamo conoscere attraverso la tradizione della transumanza nella
nostra Italia (e a essa è stato dedicato un museo a Pescasseroli). Il
pastore viveva con le sue pecore grande parte dell’anno, lontano dalla
propria famiglia. Il gregge diventava la sua vita e la sua famiglia,
delle pecore si prendeva cura, egli le conosceva una ad una ed esse lo
seguivano fedelmente. “Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati
al pastore e guardiano delle vostre anime” (seconda lettura, 1a Pietro
2, 25).
Questa figura del pastore, tema biblico per eccellenza, ci aiuta a
capire chi è veramente Gesù. Ma nello stesso passo evangelico di oggi,
Gesù è presentato anche come la porta, attraverso la quale le pecore
possono passare per essere salvate dal male. E’ passando attraverso Gesù
che entriamo nel mondo del divino, grazie alla conversione e al
battesimo, che ci pone dalla parte del bene, dell’amore di Dio, in tutta
semplicità e onestà, instaurando con Gesù un rapporto profondo e
personale, ma anche accettando le persecuzioni e le sofferenze legate
alla scelta del bene, prove che possiamo incontrare nella nostra vita
come le ha incontrate Gesù.
*****
Il fatto che la quarta domenica di Pasqua sia conosciuta come la
domenica del Buon Pastore, ha indotto di recente la chiesa cattolica a
fissare a questa domenica anche la giornata mondiale delle vocazioni.
Per questo motivo, consentitemi anche di riflettere con voi su che cosa
è la vocazione, e cioè la chiamata di Dio. Perché nella nostra vita ci
sono molte chiamate.
La prima chiamata di Dio è la chiamata all'esistenza, per l'universo,
per l'umanità, per ciascuno di noi. Per questa misteriosa chiamata, per
questa realtà misteriosa e meravigliosa della vita alla quale egli ci ha
donato di partecipare, noi non diciamo mai abbastanza grazie al Signore
.
Vi è una seconda chiamata, di cui parla la prima lettura tratta dal
discorso di Pietro alla folla nel giorno di Pentecoste. Si tratta della
chiamata a essere cristiani, credenti e battezzati, membra del Corpo di
Cristo, figli di Dio. Una chiamata alla conversione, che ci chiama a
diventare pecore del gregge del Signore, conosciute e amate
personalmente dal Signore stesso. A questa chiamata rispondiamo con
tutta la nostra vita, e mai abbastanza cresciamo nel duplice amore, del
Signore e degli altri.
Il Signore infine ci chiama, attraverso le concrete circostanze della
nostra esistenza, a compiere delle scelte di servizio a Lui e ai
fratelli, nelle quali concretamente si esprime la nostra vocazione e che
possono essere diversificate: chiamata a formarsi una famiglia, a
metterci al servizio degli altri in una professione o in un impegno
politico e sociale, o infine anche una possibile chiamata al servizio
ecclesiale a tempo pieno o alla consacrazione religiosa.
Ciò significa che ognuno di noi, a imitazione di Gesù, vero e buon
pastore, ha un compito pastorale nei confronti delle persone che in
qualsiasi modo ci sono affidate (coniuge, figli, altri famigliari, o
anche semplicemente colleghi o amici...). Il tempo nel quale si pensava
che i compiti pastorali fossero riservati ai cosiddetti ‘pastori’ è
concluso: in una comunità di figli di Dio adulti, ognuno deve esercitare
il proprio sacerdozio battesimale sentendosi responsabile del bene della
comunità e degli altri.
A imitazione del Signore Gesù, siamo chiamati a essere fedeli alla
nostra vocazione, accettando ogni forma di persecuzione e di sofferenza,
accettando di passare attraverso la prova per giungere alla gloria della
risurrezione: prova che accompagna l’esistenza di tutti coloro che
vogliono essere fedeli al vangelo e alla giustizia; prova che può
giungere sino a dare la nostra vita per la missione che ci è stata
affidata, a imitazione del Buon Pastore che dà la vita per le pecore.
In quanto Gesù ha delegato dei pastori nella chiesa a rappresentarlo
visibilmente (Gv 21, At 20, 1 Pt) è giusto che ci sia una giornata di
preghiera per le vocazioni al servizio della comunità cristiana. Ma
l’orientamento attuale, in una chiesa guidata dallo Spirito, il quale
apparentemente non ascolta tante preghiere per le vocazioni, è quello di
diventare ciascuno di noi pastore per ciascuno degli altri, a imitazione
di Gesù Buon Pastore. Ognuno di noi ha la propria vocazione, la propria
chiamata al battesimo, alla fede, alla santità, al servizio degli altri
nell’amore. Ma ognuno di noi è chiamato a prendersi cura degli altri,
con immenso amore, nella famiglia, nella professione, fra gli amici, per
contribuire alla crescita del Regno di Dio. E questo compito pastorale
lo dobbiamo sentire esteso sino ai confini del mondo, nei confronti di
tutti gli uomini, al di là di ogni frontiera. E’ un compito anche al
servizio dell'u¬nità, affinché, secondo la volontà del Signore, si
faccia un solo gregge, sotto l'unico pastore, il Signore Gesù. Tutti
siamo chiamati da Dio alla pienezza del suo Regno, in questa vita
terrena e al di là della soglia della morte.
(Don Giovanni Cereti)
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