Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e
li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli.
Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti,
bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così
bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.
Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per
noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per
Elia!”. Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo
spavento.
Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla
nube: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”. E subito
guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò
che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato
dai morti.
COMMENTO
Marco colloca deliberatamente l’evento della trasfigurazione tra la
prima e la seconda predizione della passione. In realtà la predizione
della croce aveva sconvolto gli apostoli. Gesù si rende conto del loro
turbamento. Vuole far comprendere che il fallimento della croce sfocia
nella gloria della risurrezione. A tale scopo si trasfigura sul monte.
La trasfigurazione è un’anticipazione della gloria del Risorto.
La scena descrittaci dall’evangelista Marco è sobria; vi si legge però
il chiaro intento di offrire una rivelazione sull’identità di Gesù, sul
suo destino. I personaggi che entrano nella scena, Mosè ed Elia,
vogliono affermare che Gesù è il nuovo Mosè e che in Lui si sono
realizzate le attese dei profeti. Il trasfigurarsi della persona di
Gesù, lo splendore delle vesti è un anticipo dello splendore della
risurrezione, della sua vittoria sulla morte, della sua gloria.
L’evento della trasfigurazione è certamente la rivelazione di quello che
Gesù sarà dopo la sua morte: il Gesù glorioso e vittorioso; ma esso è
anche la rivelazione di quello che Gesù è lungo il cammino verso la
croce: il Figlio di Dio che per amore dell’uomo va verso la morte
ignominiosa della croce. La croce di Gesù è la rivelazione del mistero
di Dio e del suo amore: “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo
ha dato per tutti noi” (Rm 8,32). Proprio perché amore, la croce vince
tutto, anche la morte e sfocia nella gloria della risurrezione.
Nella trasfigurazione è momento centrale la parola del Padre:
“Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo ”.
A Cesarea di Filippo (cf.Mc 8,27-30) Gesù aveva posto l’interrogativo
sulla sua persona. Si era udita la risposta della gente che affermava:
egli è un profeta; la risposta di Pietro ha riconosciuto in Lui il
Messia. Nella trasfigurazione si dà la risposta del Padre, nella quale
si uniscono la proclamazione dell’identità di Gesu e l’imperativo
dell’ascolto.
Il mistero della trasfigurazione fa comprendere il significato profondo
della morte di Gesù in croce e quello della sua risurrezione.
RIFLESSIONE
La trasfigurazione rivela il mistero di Gesù, ma allo stesso tempo svela
il destino del discepolo. Per l’evangelista Marco la trasfigurazione non
ha soltanto un significato cristologico; essa coinvolge la vita del
discepolo. Il discepolo di Gesù è chiamato a condividere la sorte stessa
del maestro: portare la sua croce (Mc 8,34) per partecipare alla gloria
della risurrezione del maestro. Il discepolo che segue le orme di Gesù,
sa di camminare verso la gioia della risurrezione.
La via della croce che il cristiano è chiamato a percorrere con Gesù è
la via della fedeltà totale, giornaliera a Lui. Il discepolo è legato
alla persona di Gesù: non può più lasciare colui che è per lui più che
padre e madre (Mt,10,37). La fede sincera in Lui, Figlio di Dio, il suo
ascolto caratterizzano il discepolo di Gesù. E’ in questa prospettiva
che il cristiano vive nel mondo con la gioiosa consapevolezza che essere
cristiani è uno dei più grandi e meravigliosi doni nel mondo (Newman). |