In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla
prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria
moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero:
«Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù
disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa
norma. Ma dall'inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina;
per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie
e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola
carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i
discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro:
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio
verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette
adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li
rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro:
«Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come
loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non
accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in
esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani
su di loro.

COMMENTO
Il capitolo 10 del Vangelo di Marco ha una sua caratteristica
particolare. Chiarisce meglio il concetto di sequela di Gesù, indicando
alcune condizioni per essere suoi discepoli; in merito fa riferimento a
tre situazioni di grande importanza: il matrimonio, la ricchezza e
l’autorità.
Nel brano odierno l’attenzione è concentrata sul matrimonio. La
trattazione del tema è provocata dalla domanda insidiosa dei farisei,
volta a mettere alla prova Gesù. Infatti essi sanno bene che secondo il
piano di Dio (cf Gen 1,27; 2,24) il ripudio della moglie non è
consentito. Ma con astuzia si richiamano ad una prescrizione mosaica, la
quale in alcuni casi permetteva il divorzio (cf Dt 24,1-4).
Gesù nel rispondere precisa il motivo della concessione da parte di Mosè:
“Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma
all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo
l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò
che Dio ha congiunto”. Gesù quindi porta la questione alla sorgente:
alla volontà originaria di Dio, al momento della creazione dell’uomo e
della donna. La disposizione divina e la disposizione di Mosè non
possono essere messe sullo stesso piano. I cuori duri, sclerotizzati
possono trovare scappatoie alla legge divina.
Gesù ribadisce la volontà divina circa l’indissolubilità ai suoi
discepoli, allorché rientrati in casa, lo interrogano sul tema. Egli
esclude il divorzio non solo per la donna, come era prima, ma anche per
l’uomo ed aggiunge che non soltanto il divorzio, sia da parte dell’uomo
che della donna, si oppone al piano divino, ma che anche un nuovo
matrimonio è da ritenersi adulterio: l’impegno precedente permane
sempre.
RIFLESSIONE
Il Vangelo di oggi ci ricorda che l’indissolubilità per espressa volontà
divina è una proprietà essenziale del matrimonio. E ciò vale per
qualsiasi matrimonio, non solamente per quello dei cristiani. Essa è
un’esigenza intrinseca all’amore coniugale. Questo vincolo sacro in
vista del bene dei coniugi, della prole e della società non dipende
dall’arbitrio dell’uomo. L’uomo non può separare ciò che Dio congiunge.
Il matrimonio è una realtà sacra, della quale Dio è geloso.
L’indissolubilità pertanto non può essere ritenuta un fatto puramente
privato, che ciascuno gestisce come vuole. Il matrimonio indissolubile,
la famiglia sono realtà socialmente rilevanti; vanno difesi da parte non
soltanto delle singole persone, ma anche dello Stato. L’educazione della
prole, il bene dei coniugi, il bene della società possono essere
garantiti in modo sicuro e completo soltanto nella comunità costante
della famiglia. Non è raro costatare che nei figli dei divorziati si
riscontrano turbe psicologiche. I figli hanno bisogno della presenza di
ambedue i genitori, di una comunità stabile di amore per potersi
sviluppare armonicamente.
Gesù ha riaffermato espressamente con chiarezza l’ordine della creazione
sull’indissolubilità ed ha elevato il matrimonio a sacramento,
partecipando agli sposi che lo celebrano il suo amore indissolubile
verso la Chiesa sua sposa.
Con riferimento agli sposi è da precisare che l’indissolubilità non deve
essere soltanto accettata, voluta al momento della celebrazione del
matrimonio; essa richiede un impegno costante giornaliero da parte di
entrambi i coniugi. Si esige la crescita nell’indissolubilità, come è
necessaria la crescita nell’amore. A tale riguardo occorre andare
controcorrente nei confronti di una mentalità divorzista che oggi è
diffusa, evitando stampa, films, compagnie pericolose che favoriscono il
divorzio, coltivando il senso della famiglia. La famiglia non è un
albergo, dove si va per dormire. Essa è un luogo dove si sente la gioia
di stare e di vivere assieme con il proprio coniuge e con i figli.
Gli sposi cristiani coltivano l’indissolubilità particolarmente con la
preghiera comune giornaliera. La famiglia che prega unita, vive unita.
La preghiera comune tra i coniugi e con i figli fa superare le possibili
difficoltà o tensioni della giornata. L’assistenza divina per gli sposi
è potente.
Bisogna sempre tenere presente che se ogni giorno si coltiva l’amore, se
si cresce in esso non ci sono avventure. Se si prega assieme non ci sono
rimpianti. |