In
quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: ”State attenti, vegliate,
perché non sapete quando sarà il momento preciso.
È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria
casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato
al portiere di vigilare.
Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà,
se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché
non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate! ”. |

COMMENTO
Nel Vangelo odierno viene descritta la venuta finale di Gesù. Ciò
che impressiona è l’insistenza sul dovere di vigilare. In soli quattro
versetti è sottolineato lo stesso concetto: fate attenzione - vegliate -
non vi trovi addormentati! Tutte espressioni che mirano a convogliare la
nostra attenzione su un evento ben determinato: il Signore verrà. Il
verbo vigilare è presente per ben tre volte all’imperativo. Vi appare
fin dall’inizio nella parabola del padrone che è partito per un viaggio
dopo avere affidato la propria casa e dato il potere ai servi con piena
libertà di curarli. Gesù ritornerà. Nessuno sa quando ciò avverrà.
Proprio per significare che il suo ritorno è incerto,vengono scandite le
quattro veglie della notte: sera, mezzanotte, mattino. Quello che è
decisivo è l’atteggiamento che si prende di fronte a Lui, al suo
messaggio. Lo sguardo verso il ritorno del Signore deve rendere
risolutivo il presente di ogni giorno. Ecco perché il Vangelo connota la
vigilanza nei suoi diversi aspetti. Vigilare significa stare svegli,
stare continuamente in attesa. Stare svegli vuole dire non lasciarsi
prendere dal sonno di una vita appiattita, apatica; significa vivere un
atteggiamento di servizio sincero, amoroso verso il padrone, il quale
può tornare quando meno lo si aspetta. La vigilanza comporta impegno
costante nella fedeltà al Signore. Essa non è una evasione dalla storia,
ma impegno nella storia. La storia è il luogo dove si prepara l’incontro
definitivo con Gesù.
L’Avvento è il tempo liturgico nel quale ci prepariamo a celebrare la
Festa del S. Natale. Ma la celebrazione liturgica dell’Avvento non
significa semplicemente ricordare la venuta di Gesù a Betlemme. Essa
convoglia la nostra attenzione anche sulla sua venuta alla fine dei
tempi e principalmente intende sollecitare la nostra comprensione che
tra queste due venute si inseriscono le continue venute di Gesù. Egli
infatti è entrato nella storia per incontrarsi con ogni uomo di ogni
tempo e di ogni luogo. Il suo avvento è sempre presente e sempre nuovo;
trascende il periodo liturgico. Tutta la storia è un continuo avvento di
Lui. In tale visuale si può dire che l’avvento è una componente
essenziale della nostra fede.
Il tempo liturgico dell’Avvento vuole risvegliare, riaccendere in noi il
desiderio di accettare veramente Gesù, di aprirgli il cuore, di farlo
entrare nella nostra vita. Una falsa concezione che alle volte si
riscontra tra i cristiani di oggi è quella di ritenere che la
celebrazione del S. Natale consista solamente nel fare qualche generosa
elemosina, nell’impegnarsi un po’ di più nelle opere di misericordia.
Certamente la carità verso i nostri fratelli bisognosi ha la sua
importanza. Ma prepararsi al S. Natale comporta anzitutto entrare in noi
stessi, esaminare con sincerità quale posto Gesù occupa nei nostri
pensieri, nella nostra volontà, nelle nostre decisioni, nel nostro
comportamento morale a livello personale e sociale. Comporta decidersi
veramente per Lui. La preghiera più intensa, il silenzio interiore, la
meditazione della parola di Dio, l’accostamento al sacramento della
riconciliazione e dell’Eucaristia ci aiuteranno a prendere sul serio la
celebrazione del S. Natale. Dentro di noi c’è sempre qualcosa da
purificare, da rimuovere perché Egli sia veramente il nostro Signore. |