In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: “Dio infatti ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non
muoia, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha mandato il Figlio nel
mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di
lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di
Dio".

COMMENTO
Il capitolo 3 del Vangelo di Giovanni descrive l’incontro di Gesù
con Nicodemo. Questi è uomo colto, notabile, membro del Sinedrio,
rappresentante del giudaismo ufficiale. Per Gesù l’incontro ha una
grande importanza. In esso Egli fa la rivelazione di sé stesso, della
sua missione salvifica. Si comprende così come il dialogo si trasformi
progressivamente in un monologo di Gesù.
Il brano del Vangelo proposto dalla Liturgia odierna ci immette nel
mistero dell’amore di Dio per l’uomo. Dio ha amato per primo. Il suo
amore infinito è contrassegnato dal sangue del Figlio; Egli per amore ha
“consegnato” alla morte sulla croce il Suo Figlio unigenito. Questa
offerta che Dio fa del suo amore è la più sublime, la più alta. Soltanto
guardando la croce si conosce quanto sia illimitata la misura dell’amore
di Dio.
In tale offerta di amore è data all’uomo la salvezza, la liberazione dal
peccato, la vita eterna. In essa si gioca la felicità, il destino
dell’uomo. Nei confronti di questo amore non ci possono essere
tergiversazioni, compromessi. Nella proporzione in cui esso è accolto o
rifiutato si è salvati o condannati, si acquista o si perde la vita
eterna. Dio non condanna. Il Cristo morente sulla croce è il criterio
del giudizio. Davanti a Lui l’uomo è chiamato a scegliere, a decidersi
per Gesù o contro di Lui. Chi crede in Lui non è condannato. Credere
significa adesione a Lui, scelta sincera di Lui.
La Liturgia celebra gli eventi prodigiosi della redenzione umana
scaglionandoli lungo l’intero arco dell’anno. La Solennità della
Santissima Trinità è come una festa di sintesi; essa intende condurci
alla fonte da cui ha origine la storia della nostra salvezza. La fonte è
Dio Uno - Trino. Padre, Figlio e Spirito Santo sono coinvolti nell’amore
per ciascuno di noi.
Oggi eleviamo l’inno di lode, di ringraziamento al Dio Uno - Trino, che
“per noi uomini e per la nostra salvezza” ha compiuto cose meravigliose
e continua a compierle nella storia di ogni uomo. La Solennità della
Trinità è festa di contemplazione dell’amore infinito di Dio, è festa di
adorazione, di ringraziamento.
Oggi siamo sollecitati in modo del tutto particolare a comprendere che
la Trinità è vicina a noi e ci accompagna lungo l’intero percorso della
vita. Ma siamo invitati anche a prendere seria coscienza che l’amore di
Dio, “la sua misericordia non è una grazia a buon mercato”, non suppone
la banalizzazione del peccato. Cristo porta nel suo corpo, nella sua
anima tutto il peso del nostro peccato e lo distrugge nel fuoco del suo
amore. ”Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce”
(1 Pt 2,24). Ecco perché la morte in croce è l’evento decisivo che
divide l’umanità in salvati o persi.
Il segno della croce che compiamo è un gesto che ci richiama la Passione
e morte di Gesù, l’amore infinito di Dio. Le parole che pronunziamo:
“Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” sono la
proclamazione della nostra fede nella Trinità divina. Con questo gesto
fatto con attenzione e devozione ravviviamo la presenza della Trinità
nella nostra vita, invochiamo la sua assistenza. Esso ci protegge contro
ogni forma di pericolo. Ci ricorda che ogni giorno dobbiamo deciderci
con sincerità e gioia per Gesù. |