In quel tempo Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il
Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così
bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in
lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il
mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

COMMENTO
(da Vatican News)
Il 13 settembre 335 venne dedicata a Gerusalemme la chiesa della
risurrezione e del Martyrium. Il giorno seguente con solenne cerimonia
si fece l’ostensione della croce, che l’imperatrice Elena aveva
ritrovato il 14 settembre 320. Nel 614, il re dei Persiani Cosroe II,
mosse guerra ai Romani e dopo aver sconfitto Gerusalemme, portò via con
sé, tra i tesori, anche la Croce di Gesù. Eraclio, imperatore bizantino,
propose a Cosroe la pace, che venne però respinta: di fronte al diniego,
mosse guerra e vinse presso Ninive, chiedendo la restituzione della
Croce, che tornò a Gerusalemme. In questo giorno non si esalta la
crudeltà della Croce, ma dell’Amore che Dio ha manifestato agli uomini
accettando di morire in Croce: “Pur essendo Dio, Cristo umiliò se stesso
facendosi servo. Questa è la gloria della Croce di Gesù!” (Papa
Francesco)
“All’inizio dell’essere cristiano – scriveva Benedetto XVI –
non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un
avvenimento”. Il vangelo che la liturgia ci offre nella festa
dell’Esaltazione della santa Croce, suggerisce che Dio intende costruire
con ciascuno una relazione d’amore; si offre nel suo Figlio Gesù,
innalzato in Croce.
L’innalzare lo sguardo a Dio suggerisce una verità importante: siamo
invitati a tornare a relazionarsi con Lui. Basta ripiegarsi su sé
stessi, alimentando inutili sensi di colpa e dimenticando che “Se il
cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore” (1Gv 3,19). Alzare
lo sguardo verso le stelle (cfr Abramo e la promessa di una grande
discendenza), sapendo gettare in Dio ogni preoccupazione.
Un innalzare lo sguardo che non deve suscitare paura ma gratitudine,
perché quell’innalzamento è la misura d’amore con la quale Dio ama i
suoi figli, nel Figlio. È la Misericordia di Dio, dunque, che – come con
Nicodemo – illumina le notti della vita e permette di proseguire il
cammino.
Davanti alla Croce di Gesù non si può restare neutrali: o con Lui o
contro di Lui. Una scelta che va compiuta prima di ogni azione, poiché
l’agire del cristiano non è altro che la testimonianza di quanto “Dio ci
ha amati, fino a dare suo Figlio Gesù”.
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