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11 maggio 2025

IV Domenica di Pasqua
Anno C

Dal Vangelo secondo Giovanni (10,27-30)

In quel tempo, Gesù disse:
“Le mie pecore ascoltano la mia voce
 e io le conosco ed esse mi seguono.
Io dò loro la vita eterna
e non andranno mai perdute
e nessuno le rapirà dalla mia mano.
Il Padre mio che me le ha date
è più grande di tutti e nessuno
può rapirle dalla mano del Padre mio.
Io e il Padre siamo una cosa sola”.

COMMENTO
Il tema dominante della Liturgia di questa domenica è quello di Gesù buon Pastore. Dobbiamo ricordare che nell’Antico Testamento una delle immagini adoperate per esprimere l’amore di Dio, la sua continua assistenza è quella del pastore. In merito si possono consultare, a modo di esempio, i testi di Is 40,10-11; Gr 23,1-4; Ez 34,1-24. Il Salmo 22 esprime la ricchezza teologica contenuta nell’immagine: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone ed il tuo vincastro mi danno sicurezza” (vv. 1-4). Il tema del buon pastore era quindi per gli ascoltatori di Gesù particolarmente familiare e vivo. Gesù si attribuisce il titolo di pastore. Le immagini di pastore, di pecore sono presenti nei Vangeli sinottici (cf. Mt 7,15; 9.36; 15,24; 25,31-46; Mr 6,34; Lc 12,32, ecc.). Nel Vangelo di Giovanni esse acquistano un significato del tutto particolare. Nel brano che la Liturgia odierna ci presenta possiamo evidenziare quattro idee:
A) La relazione reciproca tra Gesù e le pecore. Esse sono sue; egli le conosce personalmente. Esse ascoltano la sua voce. L’ascolto di Gesù, della sua parola è condizione preliminare per far parte del suo gregge. Se la condizione preliminare per far parte del gregge è l’ascolto della sua parola, questo vuol dire che non siamo noi per primi a muoverci verso di lui, ma piuttosto è lui che si muove verso di noi. Egli ci chiama e noi rispondiamo al suo appello. All’inizio del nostro rapporto con Gesù sta il suo amore. B) Le pecore sono al sicuro. Non soltanto Gesù, ma anche il Padre è impegnato nel dare loro sicurezza. Nessuno può rapirle dalle loro mani.

C) Sono state date a Gesù dal Padre; esse appartengono al Padre. Costituiscono la cosa più importante che il Padre ha affidato a Gesù. E proprio per questo egli è disposto a dare la vita per loro. D) L’ultima espressione “ Io e il Padre siamo una cosa sola” (v.30) vuole sottolineare che come il Padre e il Figlio sono una cosa sola, così essi congiungono le pecore come una sola cosa: “perché siano una sola cosa come noi” (Gv 17,11). Questa unità che viene comunicata alle pecore non permette a nessuno di strapparle dalle loro mani.


 


. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia, 
presentatevi a lui con esultanza. 
(Salmo 99)



 

[Testi tratti dall'Archivio generale in dotazione]