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9 marzo 2025

I Domenica di Quaresima
Anno C

dal Vangelo secondo Luca (4,1-13)

9 marzo 2025

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane”. Gesù gli rispose: “Sta scritto: ‘‘Non di solo pane vivrà l’uomo’’”.
Il diavolo lo condusse in alto, e mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la dò a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo”. Gesù gli rispose: “Sta scritto: ‘‘Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai’’”.
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: ‘‘Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano’’; e anche: ‘‘Essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra’’”. Gesù gli rispose: “È stato detto: ‘‘Non tenterai il Signore Dio tuo’’”.
Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.


COMMENTO
l Vangelo odierno ci presenta Gesù condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato.
Nella scena descrittaci dall’evangelista Luca si intravede il genere delle tentazioni, con le quali Satana cerca di sconfiggere Gesù. Le tentazioni seguono l’evento del Battesimo di Gesù. Egli va dal Giordano nel deserto “pieno di Spirito Santo”. Durante il battesimo lo Spirito Santo era disceso su di lui sotto forma di colomba. Egli era stato proclamato Figlio prediletto del Padre ( Lc 3,22). Il battesimo segna l’inizio della sua attività salvifica, costituisce la sua proclamazione o investitura messianica. Satana connette proprio le tentazioni con la missione di Gesù quale Figlio di Dio, quale Messia. Per ben due volte insiste sul fatto che Egli è Figlio di Dio. E’ nella sua qualità di Figlio di Dio, di Messia che egli è tentato. Per Satana la missione di Gesù si manifesta con segni di potenza, di gloria mondana. Egli lo invita ad accettare il ruolo di Messia terreno, trionfatore. Vuole distoglierlo dal seguire il disegno del Padre, dal percorrere la via della croce. Propone il pane ottenuto miracolosamente dalla trasformazione delle pietre; l’attrattiva del potere; la prospettiva allettante di segni prodigiosi. La tentazione di Satana è astuta; egli si dichiara addirittura padrone di tutto il potere temporale e della gloria con esso congiunta; di esso egli può disporre liberamente; perfino vuole farne parte anche a Gesù.
In concreto, Satana propone a Gesù di percorrere una via messianica conforme alle attese popolari. In realtà questa tentazione accompagna l’intera vita di Gesù. La gente, i suoi concittadini e persino gli stessi apostoli lo vogliono Messia potente, rivestito di gloria umana.
Luca sottolinea che Gesù fu tentato durante l’intero tempo dei quaranta giorni e che Satana si allontana da lui “ fino al tempo fissato”. Il tempo determinato è quello della passione di Gesù, dove si dà l’ ultimo e decisivo attacco del demonio, nel quale questi si serve di Giuda e dei capi del giudaismo come suoi strumenti: “ Questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre” (Lc 22,53). Anche sotto la croce si presenterà la tentazione allorché la folla grida “Ha salvato gli altri,salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto” (cf.Lc 23,35).
Le risposte di Gesù a Satana sono lapidarie. Egli respinge la triplice tentazione facendo esplicito richiamo alla Parola della S. Scrittura, quale espressione della volontà del Padre:
“ Non di solo pane vivrà l’uomo”; "Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai"; "Non tenterai il Signore Dio tuo".
La Parola della S. Scrittura rimanda a Dio come l’assoluto, come l’unico Signore che occorre adorare e servire. A Lui solamente va l’ ossequio assoluto e l’ adorazione

 


Resta con noi, Signore, nell'ora della prova.
Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».
(Salmo 90)


 


 

II Domenica di Quaresima
Anno C

 

Dal Vangelo secondo Luca (9,28b-36)  

16 marzo 2025

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

COMMENTO
Può sorprendere che la Liturgia ci presenti nel tempo austero della Quaresima la scena gloriosa della trasfigurazione di Gesù. La Liturgia lo fa perché il racconto della trasfigurazione ci aiuta a comprendere meglio il cammino quaresimale ed a viverlo autenticamente.
Nella narrazione della trasfigurazione offertaci dall’evangelista Luca si colgono due particolarità rispetto a quella fattaci da Matteo e da Marco: la precisazione dell’ambiente spirituale in cui essa avviene: mentre Gesù pregava; la puntualizzazione del contenuto del dialogo tra Gesù, Mosè ed Elia: discorrevano della dipartita di Gesù verso Gerusalemme, dove si sarebbe consumata la sua morte. Ciò costituisce la conferma che l’Antico Testamento - espresso con la presenza di Mosè e di Elia simboli della legge e del profetismo - è proteso verso l’evento della passione di Gesù. Allo stesso tempo essi appaiono per rassegnare la loro dimissione, i loro poteri. Ormai Gesù è il nuovo Mosè, il profeta definitivo.
La trasfigurazione è anche la conferma celeste delle profezie che Gesù ha fatto sulla sua passione e sulla sua risurrezione ( cf. Lc 9,22). Essa vuole mostrare ai tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, i quali saranno testimoni della straziante agonia di Gesù nell’orto degli ulivi, che la passione sfocia nella gloria della risurrezione. Gesù muore per entrare nella luce della risurrezione. Essi non lo comprendono ancora a pieno. L’intervento di Pietro ne è la prova. Imbevuti dell’attesa di un messia prestigioso, potente, considerano l’apparizione gloriosa di Gesù come la realizzazione delle loro attese. Da qui il desiderio di Pietro di volere fare tre tende: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”.
La trasfigurazione non intende soltanto rivelare il futuro di Gesù ( la sua risurrezione), ma anche il significato profondo di chi è già Gesù. Essa solleva il velo sul suo mistero. Egli è il “Figlio eletto” del Padre. La voce che esplode dalla nube ordina: “ascoltatelo”. Essa fa la stessa dichiarazione divina che fu rivolta a Gesù al momento del suo battesimo nel Giordano (Lc 3,22). Adesso però è rivolta ai discepoli di Gesù ed aggiunge il comando di “ascoltarlo”. Luca sostituisce “il Figlio mio diletto” (cf. Mt 17,5; Mc 9,7) con “ Figlio mio eletto”, terminologia che designa il servo di Jahve, il Messia. La dichiarazione divina invita a riconoscere in Gesù il servo di Jahve, il Messia, il Figlio di Dio. Ormai soltanto Egli è colui che occorre ascoltare.
La trasfigurazione solleva il velo sul mistero di Gesù, ma svela anche il destino del discepolo di Gesù. La vita del discepolo è come quella del Maestro, incamminata verso la croce e verso la risurrezione. E’ un destino da vivere nella convinzione che ogni sofferenza, ogni lotta per rimanere fedeli a Lui sfocia nella gloria, nella gioia della risurrezione. Decisiva è la voce che risuona come invito perentorio “Ascoltatelo”. Ascoltare Gesù significa accoglierlo, aderire al suo messaggio, seguirlo con impegno e con gioiosa costanza ogni giorno. Il tempo della Quaresima è un tempo privilegiato in cui dobbiamo chiederci seriamente e sinceramente se veramente ascoltiamo Gesù, se siamo a lui effettivamente fedeli.
La trasfigurazione di Gesù ci fa comprendere anche che il cammino quaresimale assume il suo significato più autentico se esso è vivificato dalla preghiera. La “trasfigurazione” della nostra vita si può realizzare solamente alla luce della preghiera. Dio soltanto può darci la forza per camminare verso la “novità” della Pasqua, per prepararci interiormente alla sua celebrazione.

 


Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
(Salmo 26)


 


 

III Domenica  di Quaresima
Anno C

Dal Vangelo secondo Luca (13,1-9)

23 marzo 2025

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Disse anche questa parabola: “Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”.

COMMENTO
Il tema che percorre il Vangelo odierno è un pressante invito di Gesù alla conversione. Il brano evangelico si divide in due parti. La prima fa riferimento a due avvenimenti storici che avevano avuto una grande ripercussione nella mentalità popolare. La seconda è costituita dalla parabola dell’albero sterile.
I due avvenimenti sono due casi di morte violenta e prematura: Pilato fa massacrare un gruppo di Galilei mentre compiono il sacrificio nel tempio e una torre all’improvviso crolla uccidendo diciotto persone. Il tragico destino dei Galilei come l’improvviso crollo della torre di Siloe ponevano l’interrogativo: perché alcuni vengono uccisi ed altri sono risparmiati? Nel popolo era diffusa la credenza secondo la quale la disgrazia era ritenuta conseguenza dei peccati. Pertanto la morte violenta dei Galilei come quella dei diciotto sotto la torre di Siloe veniva facilmente attribuita ai loro peccati. Il popolo ragionava in questo modo: se Dio li ha fatti perire significa che essi erano peccatori.
Gesù reagisce respingendo tale credenza popolare. Gli uomini uccisi da Pilato e quelli morti sotto la torre di Siloe non erano più peccatori degli altri. Egli quindi invita i suoi ascoltatori a lasciarsi piuttosto coinvolgere personalmente nei due avvenimenti. Il destino di coloro che sono morti in modo così violento ed improvviso deve essere un ammonimento per la propria conversione. A tale riguardo Gesù per ben due volte invita alla conversione:
“se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.
L’avvertimento è dato in modo categorico, in forma solenne: “Io vi dico”, ed è dato come condizione per sfuggire al giudizio di Dio: Gesù pone in un rapporto di contrasto conversione e perdizione. Non si tratta di perdizione fisica, ma di quella spirituale, di quella eterna. La parabola del fico sterile che non produce frutti è anch’essa un invito alla conversione. Dalle parole con cui si esprime il proprietario della vigna si può dedurre non solamente la sua delusione, ma anche il fatto che non è la prima volta che l’albero non dà frutti. Nonostante questa situazione infruttuosa, il vignaiolo osa esprimere la preghiera di un anno di attesa,durante il quale egli vuole dedicare all’albero un’attenzione, una cura superiore a quella avuta nel passato. Se l’albero non darà frutti dovrà essere abbattuto. Con questa parabola Gesù vuole mettere in risalto la pazienza amorevole di Dio, la sua misericordia, ma anche l’urgenza della conversione. La pazienza di Dio non significa passività; essa poi ha un limite. Il tempo si prolunga per permetterci di approfittarne, non per giustificare il rimando della conversione. Il tempo che si prolunga a causa della misericordia di Dio è decisivo, richiede vigilanza, impegno. Il giudizio di Dio incombe continuamente. La vita scorre veloce; occorre coglierne ogni momento con responsabilità. Il tempo di Quaresima ci richiama a una riflessione seria, sincera sul senso e sulla fecondità della nostra vita. La tentazione di rimandare al futuro la conversione è sempre presente nel nostro modo di ragionare e di vivere. La conversione invece è un’urgenza che ci investe personalmente ed ogni giorno. E convertici significa cambiare mentalità, è passaggio da una mentalità orientata verso il peccato ad un modo di valutare le cose in sintonia con la volontà di Dio, ad un mutamento interiore.
Siamo invitati pertanto a rientrare dentro noi stessi per vedere quello che va cambiato nella nostra vita, quello che non è in sintonia con la volontà di Dio. Si tratta di un esame di coscienza che ogni cristiano dovrebbe fare ogni giorno
.
 


Il Signore ha pietà del suo popolo.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
(Salmo 102)


 


 

IV Domenica di Quaresima
Anno C

Dal Vangelo secondo Luc<a (15,1-3.11-32)

30 marzo 2025

 

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. Allora egli disse loro questa parabola: “Un uomo aveva due figli. 2 Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

COMMENTO
La parabola del figlio prodigo è stata definita la perla delle parabole, “il vangelo nel Vangelo”. Con essa Gesù vuole rivelarci il cuore di Dio ed allo stesso tempo descriverci il dramma del peccatore. E’ la parabola in cui il protagonista è il padre. Essa descrive la certezza che deve risiedere nel cuore di ogni uomo, che cioè Dio ha l’affetto di un padre verso il figlio, lo attende sempre e lo accoglie con gioia. Gesù pronuncia la parabola per rispondere ai farisei i quali lo accusavano di essere l’amico dei pubblicani e dei peccatori. Contro di lui mormoravano dicendo “costui riceve i peccatori e mangia con loro”. Nella prima parte Gesù descrive l’atteggiamento del figlio minore che è stanco di stare a casa: vuole essere libero, sottrarsi alla sorveglianza del padre. E’ convinto che la casa paterna sia una prigione, la presenza del padre ingombrante. Chiede i beni che gli spettano e se ne va in una paese straniero. Cerca la libertà ritenendo che essa possa essere la fonte della sua felicità. Ma proprio questa libertà diventa causa di disgrazia, di infelicità. Egli sperpera la sua eredità vivendo una vita dissoluta. E’ costretto a mettersi a servizio di una padrone che gli assegna il lavoro più spregevole. Per un giudeo di buona famiglia guardare i porci costituiva una grande umiliazione. Giunge perfino a soffrire la fame non potendosi nutrire neppure delle carrube che venivano date ai porci. Questa umiliante situazione lo porta alla riflessione; rientra in se stesso e nel suo intimo comprende tutta la miseria del suo peccato.Comincia a fare il paragone tra la sua vita misera e quello che hanno i servi nella casa di suo padre.La considerazione della sua miseria lo porta a riconoscere la sua colpa. Si ricorda dell’affetto di suo padre. Decide di ritornare alla casa paterna come semplice garzone di famiglia; non si sente degno di essere considerato più come figlio. L’incontro con il padre è sorprendente. Il padre sa che il figlio in nessun luogo avrebbe potuto avere la gioia della casa paterna; che fuori di essa non avrebbe trovato nessun cuore di padre. Egli attende fiducioso il suo ritorno. Appena lo riconosce, gli va incontro, lo abbraccia e gli mostra l’affetto che non è venuto mai meno. Il figlio confessa la sua colpa; l’atteggiamento del padre è di perdono, di amore. Il figlio peccatore viene rivestito di ornamenti come un ospite di onore. Viene organizzata una festa come manifestazione di gioia. La seconda parte della parabola descrive la reazione del fratello maggiore, che era stato sempre a casa, ligio al suo dovere, fedele verso il padre. Il suo atteggiamento è di ira nei confronti del padre. Lo accusa di avere avuto una preferenza per il figlio traviato, fuggito da casa. Nella sua risposta il padre gli contesta l’accusa di avere avuto minore affetto nei suoi riguardi. Per lui la festa dell’amore c’è stata sempre; egli non se è accorto. “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. La parabola vuole mettere in risalto il volto del vero Dio, molto diverso da come lo pensavano gli scribi e i farisei e da come alle volte lo suppongono coloro che si ritengono giusti. Ma allo stesso tempo la parabola invita tutti a convertirsi alla gratuità dell’amore di Dio, a comprendere e gustare la bellezza, la gioia di stare con Lui.
 


Gustate e vedete com'è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
(Salmo 33)


 



V Domenica di Quaresima
Anno C

Dal Vangelo secondo Giovanni (8,1-11)

 

6 aprile 2025

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.
Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

COMMENTO
I
l Vangelo di oggi offre alla nostra meditazione il perdono di Gesù dato ad una donna peccatrice.
L’incontro dell’adultera con Gesù è causato da un tranello che alcuni scribi e farisei vogliono tendergli. Sapendolo amico dei pubblicani, dei peccatori, gli conducono una donna sorpresa in adulterio. Secondo la legge ( Lv 20,10 e Dt 22,22) essa doveva essere lapidata a morte. Gesù viene messo alla prova: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”.Se egli assolve la donna, deve essere accusato come trasgressore della legge e quindi si dovrà procedere contro di lui. In verità gli scribi e i farisei hanno già condannato Gesù; cercano adesso un appiglio giuridico per potere eseguire la condanna.
L’atteggiamento di Gesù sorprende gli interlocutori. Dapprima sembra non volere rispondere alla loro domanda. Pare ignorarli. Scrive con un dito per terra. Non si può precisare cosa scrivesse. All’interrogativo rivoltogli di nuovo egli capovolge la situazione. Risponde ponendo il problema in termini diversi: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E’ a questo punto che essi udito ciò, se ne vanno uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. L’adultera resta sola davanti a Gesù. Essa è conscia del suoi grave peccato. La domanda postale da Gesù quindi non è volta a farle un interrogatorio, ma per esprimerle il perdono. “Nessuno ti ha condannata?”. “Neanch’io ti condanno. Gesù però richiede una decisione chiara:“ va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Gesù non nega il giudizio di Dio, ma sottolinea che ognuno deve rivolgerlo verso sé stesso.
La Quaresima volge quasi al termine e la Liturgia ci esorta ad effettuare una autentica revisione di vita. E’ tempo di porci l’interrogativo: cosa vi è in noi che non è conforme alla volontà di Dio? Siamo facilmente giudici degli altri, vediamo speditamente i loro peccati. Gesù ci richiama a riconoscere i nostri: “Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Lc 6,42). Ma Gesù allo stesso tempo ci richiama a propositi e decisioni seri. Anche a noi dice: “ va’ e d’ora in poi non peccare più”.

 


Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
(Salmo 125)


 

[Testi tratti dall'Archivio generale in dotazione]

 

 

 

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